Luciano Odorisio, Politica

Beppe Grillo:”Non è più il mio partito!”

di Ilario Lombardi per La Stampa

Chissà se Beppe Grillo quel tweet lo aveva pensato anche in vista di una giornata che è finita nel peggiore dei modi per il M5S. Con un Sì alla Tav che è una gigantesca smentita della storia politica sua e dei suoi ragazzi. 

Con quel modo di fare un po’ così, scherzando ma anche no, disseminando il vetriolo della sua comicità sulle ferite del Movimento, Grillo ha dato del poltronaro a Luigi Di Maio.

Il comico genovese si unisce al coro dell’ ironia nazionale sul «mandato zero» ideato dal capo politico e citando Julio Iglesias scrive di «andarmene a casa non ho proprio il coraggio».

Parte da questa canzonetta canticchiata di buon mattino la giornata che ha terremotato tutto. 

Dagli occhi di Grillo che osservano il disfacimento del suo M5S. Pezzo, dopo pezzo. Chi lo ha sentito in queste ore ha raccolto non rabbia ma un misto di rassegnazione e amarezza, un disincanto beffardo. 

Lo stesso sentimento che consegna agli amici del bar a Nervi, ai vicini in Toscana o in Sardegna. «Il mio Movimento ovviamente era un’ altra cosa» dice lui. 

Perché «governare è difficile», e lo è ancora di più «con questi qui» che non sono solo i leghisti, ma anche il Pd e tutti gli altri che per Grillo rappresentano quel «Sistema» che voleva liquidare a colpi di battute e di clic.

In fondo già l’ investitura di Di Maio fu l’ atto unico di un addio vissuto come un sollievo. 

Grillo si è fatto da parte e persino nel nuovo statuto, quello del dicembre 2017, che incorona Davide Casaleggio e Di Maio come unici soci fondatori, risulta semplice garante. 

Di cosa? Perché certo non pensava si sarebbe arrivati a questo. «Non è più il mio movimento» ripete ogni volta, per scacciare il fastidio di chi gli rinfaccia le promesse. 

Il Tap, l’ Ilva, la regola del secondo mandato e ora la Tav. Una bandiera che viene incenerita assieme a migliaia di ricordi, di emozioni e di preoccupazioni.

Per la Tav Grillo si è beccato una condanna a 4 mesi nel 2014, finita in prescrizione, per aver rotto i sigilli dei cantieri della Val Susa. Sia chiaro, il garante era stato avvertito. 

In serata, Di Maio, allarmato per le notizie di un Grillo furioso per «l’ ennesimo tradimento», ha fatto sapere che aveva informato il comico via telefono. 

Ma tanto già a marzo, quando Conte si ingegnò per trasformare i bandi in avis de marché, sperando di guadagnare tempo con questa trovata semantica, Grillo aveva capito come sarebbe finita.

Da allora Di Maio ha scaricato tutta la responsabilità del dossier sul premier, nella speranza di restare il più possibile immune dalle critiche. 

Ma è un trucco che non ha funzionato perché l’ elenco delle promesse tradite si allunga e nel M5S in queste ore non si fa cenno a minacce di crisi in nome della coerenza. 

Solo il senatore Alberto Airola annuncia il suo addio. Gli altri protagonisti di questo dramma tacciono. 

Tace Alessandro Di Battista, che si fa fotografare con il figlio nella serenità bucolica di Tarquinia.

Proprio lui che a febbraio aveva assicurato si sarebbe fermata l’opera. 

E si chiude nel suo silenzio Roberto Fico, che appena quattro mesi fa sentenziò: «Eravamo No Tav prima di essere M5S». 

Ricordava la prima riunione dei meet-up in Piemonte, la battaglia della vita, il simbolo che riempiva di senso le cinque stelle. Adesso nel M5S c’ è chi chiede e spera nelle dimissioni del ministro Danilo Toninelli.

«Se ha un po’ di dignità dovrebbe lasciare» lo fredda Matteo Salvini. Ma lui sembra intenzionato a restare, fino a quando glielo permetteranno, contento che Conte lo abbia gratificato per i risparmi conquistati. 

Il trauma è fortissimo ma Di Maio è pronto ad affrontarlo lasciando almeno l’ ultima parola al Parlamento ben sapendo che la sconfitta è certa e che il M5S sarà l’ unico con Sinistra italiana a votare contro.

«La nostra posizione non cambia. E’ un’ opera dannosa, un regalo a Macron. 

Non abbiamo paura di restare da soli e fra non molto potremo vedere in aula con i nostri occhi chi decide di andare a braccetto con Renzi, Monti, Calenda, e Berlusconi».

Nella mutazione in atto di Di Maio, l’ idea è di trasformare il M5S in un partito attrattivo, e in competizione con il Pd, per quei mondi imprenditoriali che lo hanno sempre snobbato anche per le campagne dei No. 

Ma sarà appunto tutta un’ altra storia e per scriverla bisognerà prima far dimenticare quella di un passato che ieri si è chiuso per sempre.

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