Andrea Scanzi per Il FQ, 30-7-19
“Giorni fa un parlamentare ha detto: “Sogno un partito che si ponga come obiettivo rimandare miserabili pagliacci come Luigi Di Maio a fare il bibitaro al San Paolo”.
È stato il deputato Luigi Marattin, che vive da mesi il dramma di celare al mondo – e ancor più a se stesso – l’indicibile mitraglia di un’alopecia sbarazzina mal sopportata, che lo porta a presentarsi ogni volta in tivù con tagli assurdi.
Sorta di Franco Strippoli contemporaneo, Luigino conta meno di un brigidino apolide. Incarna però la faccia più politicamente volgare e respingente di un centrosinistra che, finché non si libererà di tale masserizia, incarnerà il peggio del peggio della politica italiana.
Si pensi ora al dramma dell’elettore normotipo esigente, magari con un passato di sinistra, che lungi dal poter votare a destra oggi non ha spiragli, non potendo certo appoggiare i Romano & le De Micheli, ma pure quell’idea caricaturale di sinistra finto-alternativa promulgata dalle Murgia & Casarini.
Chi resta? Niente.
Qualcuno, qui, potrebbe dire: “Be’, ci sono i 5 Stelle!”. Ma – appunto – a oggi M5S e “niente” rischiano di coincidere. E l’unica grande fortuna dei pentastellati è che gli altri sono così improponibili da farli ancora sembrare per contrasto i meno peggio. Ma davvero era tutta qui la portata innovatrice? Un menopeggismo 2.0?
DI MAIO si è sobbarcato un compito troppo gravoso (ma non gliel’ha ordinato il dottore) e qualcosa di buono sta facendo. Lui come il suo Movimento. Dal Decreto Dignità al Reddito di Cittadinanza.
Dalle battaglie a fianco dei lavoratori (caso Whirlpool, per dirne uno) alla Spazzacorrotti. E le tante intercettazioni dicono che, a fronte di un sistema trasversalmente colluso, i 5 Stelle passano agli occhi dei disonesti per “rompicoglioni”.
Bene. In fondo, le poche cose buone che ha fatto questa schifezza di governo sono quasi tutte a firma 5 Stelle (anche se non lo sa nessuno).
Ma non basta, perché ultimamente Di Maio sembra dentro quella geniale vignetta di Altan in cui il protagonista si chiedeva: “Mi piacerebbe sapere chi è il mandante di tutte le cazzate che faccio”.
La cosa meno grave, paradossalmente, è il Tav: l’errore, come per Ilva e Tap, è stato non tanto perdere una battaglia politica quanto promettere fino a ieri la Luna.
L’entità parossistica delle cazzate a getto continuo di Di Maio è altrove: nel litigare sempre con Salvini, sciorinando questi penultimatum che fanno pena;
nell’andar via tre minuti prima che al Senato Conte parlasse sul caso Rubli;
nel continuare ad avallare (benché talora con approccio finto-imbarazzato) le porcate insite nel Dl Sicurezza 1 e Bis;
nell’aver creato questa situazione “lose lose”, in cui i 5 Stelle come si muovono sbagliano, che facciano cadere il governo (dando la stura a un altro ben peggiore) o che continuino con questo stolido nichilismo poltronista.
E poi in questo capolavoro di deficienza politica che è il “mandato zero”.
È lecito voler allungare la vita politica ai consiglieri locali, ma giustificarlo – invece di ammetterlo serenamente – con questa boiata aritmetica del “mandato zero” significa farsi prendere per il culo in eterno.
Di Maio è persona onesta, scaltra e in buona fede, ma come minimo si sopravvaluta.
E negli ultimi mesi sta al M5S come Renzi al Pd: uno spietato rottamatore di se stesso e di tutti coloro che lo circondano.
Sta disintegrando il M5S con un’efferatezza al cui confronto Ted Bundy era Minnie.
Qualcuno lo aiuti. Lo sedi. Lo fermi.
A meno che l’obiettivo grillino, per le prossime elezioni, sia quello di fare arrivare l’astenione al 70%.