“… Ah, quel santo scappellotto di mio padre senza il quale non sarei quel che sono!”
(Medico al capezzale dell’ennesima marachella di Pinocchio),
ovvero Collodi oggi non avrebbe di che scrivere.
Io me lo ricordo e mi sembra d’esser l’ultima persona a ricordarlo in questa società rammollita.
Ma solo io ho conosciuto la gente italiana del post Dopoguerra, quello in cui si tremava per un sogno o per una mancanza, che quel tremore faceva arrivare lontano?
Ma i genitori di oggi non c’erano con me?
Pare che solo io ero bambina quando si credeva al rispetto, alla reverenza per l’autorità, la figura del Prete, del Farmacista e dell’Insegnante, punti di riferimento per crescere in salute ed equilibrio.
Se tornavi a casa con una sgridata del professore i genitori ti guardavano storto di brutto e ti incitavano:
«Smettila o sono guai!»
Se prendevi una nota la punizione durava settimane e, dipendeva, perché facile che ci prendevi pure un sonoro ceffone.
Se riportavi un due ti scordavi di uscire, sentire gli amici e quando qualcuno veniva sospeso o bocciato (perché, sì, “ai miei tempi” si usava, si sospendeva e si bocciava), ebbene, non solo potevano picchiarti i genitori ma ti assestava un calcione lo zio, il parente e pure il vicino se osavi fiatare!
“Ai miei tempi” se mancavi di rispetto al conoscente o allo sconosciuto, questo aveva facoltà d’assestarti il pedatone e ci ripensavi parecchio a lanciargli parole irriverenti o bestemmiargli in faccia come fanno, ebbene sì, oggi molti studenti anche in classe.
Ho alunni ucraini, russi, ceceni in classe, modello specchiato di altissimo rendimento e ferrea disciplina d’altri tempi, ma i loro genitori mi hanno mostrato riprovazione per l’eccessiva tollerranza che usiamo in Italia, in famiglia, nella società e a scuola.
«Da noi i professori possono alzare le mani! »
Non credo in quel modello, ma neanche a quello attuale.
Non puoi imporre l’acquisto d’un libro, una escursione didattica vera, neanche se hanno cellulari da 860 euro e spendono 6 euro al giorno alle macchinette di merendine e caffè; non puoi imporgli di posare il telefono, una interrogazione programmata diciotto volte, e se metti una insufficenza, come se fosse niente, ti arriva la telefonata direttamente sul cellulare dopo un’ora e nove minuti.
Certo in un Paese dove la Magistratura non punisce ladri, concussi, occultatori di cadaveri e stalker reiterati, un Paese dove Organi di Legge non interdicono politici condannati a triplo giro con evidente condotta immorale e corruzione fino alla sesta generazione che, invece, vengono ricandidati, rieletti, ed riallisciati, che cosa ci si può aspettare se non che genitori ed alunni si arroghino il diritto di sentirsi impuniti, pari, o addirittura superiori ai professori?
Ragazzi che usurpano l’autonomia di autogestirsi fino alla rovina, che rispondono, sottomettono psicologicamente ed alcuni picchiano, perfino, i genitori.
Presi in flagranza di trasgressione vengono mandati dallo psicologo che, se non stai bene attento, punisce te, il professore, o il genitore.
Ora ci meravigliamo se i pargoli accoltellano i professori quando abbiamo fornito come capro espiatorio a questo Paese quello di laceri stranieri e sdoganato la simpatia e la “figaggine” a rimpiazzare cultura, preparazione, competenza e sacrificio?
Se l’impunità devia fin dalla scuola elementare quando forniamo agli infanti la penna cancellabile Replay invece della riga di penna rossa a guardare e riguardare l’errore?
Cosa ci scandalizza ora se abbiamo tolto ai nostri figli ogni disagio e fatica che poco poco ci manca che non li aiutiamo anche a…respirare?