di Andrea Scanzi per Il FQ, 24-9-19
“L’alternativa non è tra Renzi e Grillo”, diceva Beatrice Lorenzin quando “lavorava per costruire l’autosufficienza politica”del partito di Alfano (peraltro un ossimoro).
Come ha riassunto giorni fa Paola Zanca in uno splendido ritratto su queste pagine, “Nel dubbio se li è presi tutti e due”.
Transformer Woman è entrata nel Pd e il Pd ha esultato oltremodo per tale miglioria.
Un po’ come se il Milan, per rilanciarsi, comprasse il Poro Asciugamano, gli desse la fascia di capitano e pretendesse pure i cori festanti della curva esaurita (in tutti i sensi). Rispetto a Transformer Woman, Pierferdy Casini è l’uomo più inamovibile della politica italiana.
Bea Lory nasce a Roma nel 1971. Diploma di maturità classica e niente laurea. Un’esaltante attività amanuense nel Giornale di Ostia. Entra poi in Forza Italia nel 1996. Dal fine 2004 a metà 2006 è Capo Segreteria Tecnica di Paolo Bonaiuti, e già lì immagini tutti quei neuroni far festa in brainstorming di genialità contagiosa.
Al tempo la chiamano “la Meg Ryan di Acilia”, e menomale che la Ryan era distratta.
Da allora Transformer Woman riesce a cambiare otto ruoli/formazioni/casacche in poco più di vent’anni.
Ovvero: 1996 – Forza Italia, Movimento Giovani Lazio;
1997 – consigliera comunale Roma, XIII municipio, Forza Italia;
2008 – Popolo della Libertà – eletta Onorevole;
2013 – Nuovo Centrodestra, con Alfano;
2014 – candidata Europee Nuovo Centrodestra – Unione di Centro;
2017 – Alternativa Popolare;
2017 –Civica Popolare in appoggio al Pd di Renzi;
2019 – Pd di Zingaretti.
RACCONTANDOSI al Dubbio, che non si legge neanche da solo ma che per ospitare un’intervista di Bea Lory è perfetto, Ella ha spiegato così il suo passaggio al Pd: “Nel 2013 ho partecipato alla scissione di Angelino Alfano, perché ritenevo che il centrodestra di allora si stesse spostando troppo a destra ed era una scelta che non condividevo. Nel Pd rafforzerò l’area liberale e popolare per evitare lo schiacciamento a sinistra, sostenendo la vocazione maggioritaria del partito”.
Me cojoni(cit).
Bea Lory sfanga ogni stagione, come un ogm che si adatta a tutto. Infatti, dopo aver difeso Berlusconi per quindici anni, è riuscita – pur perdendo le elezioni nel 2013 – a essere ministra (della Salute) cinque anni di fila con tre presidenti del Consiglio (teoricamente) distanti: Letta, Renzi e Gentiloni. Genio vero.
Ha avuto due gemelli a 44 anni, e questo è bellissimo: lo era un po’ meno la campagna promozionale del 2016 sul “Fertility Day” con famiglie dalle “buone abitudini”(tutti bianchi) e dalle “cattive abitudini”(con un nero in mezzo), nonché donne con la clessidra in mano affinché si affrettassero ad avere figli per far felice la ministra.
La quale, poi, dovette chiedere scusa.
Politica (va be’) celebre (uhm) per i dieci vaccini obbligatori, le posizioni eticamente giovanardesche e il simbolo “petaloso” del 2018 che raggiunse consensi al cui confronto Giuliano Ferrara è Vercingetorige, ha saputo imbucarsi in un altro consesso di potere: fa bene a sorridere.
Appena più discutibile la gioia di Zinga, che col suo bel carisma da salumaio intento a tagliarti (a mano) tre etti di finocchiona, ha postato su Facebook una foto giuliva accompagnata da cotanta prosa: “Ci tenevo a firmare io la tessera di @BeaLorenzin, anche per ringraziarla di averlo fatto in questo momento molto particolare. Testimonia il Pd plurale e ricco che vogliamo costruire”.
Ecco: se Zinga ha davvero in testa di creare un Pd in grado di attrarre le Lorenzin, siamo oltre Basaglia.
Ed è bene che, quella salumeria, la apra sul serio: avrebbe più futuro.