di Wanda Marra per Il FQ, 31-8-19
“Una tragedia. Questo si crede Napoleone III”.
Appena usciti dalle consultazioni con Giuseppe Conte, nel Pd c’è chi non si risparmia il commento, frutto pure della percezione che il premier voglia dire la sua in maniera determinante soprattutto su quei ministeri di peso (Interni, Esteri, Economia) che ha chiesto il Pd.
Ma è niente rispetto a quello che succederà dopo, con Luigi Di Maio che lancia l’ennesimo ultimatum (“o le nostre proposte o si va al voto”) e il vertice a Palazzo Chigi tra il premier incaricato, Andrea Orlando, Dario Franceschini da una parte e Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva dall’altra, che è sostanzialmente una lite in piena regola.
La materia del contendere numero uno rimane sempre la stessa: Di Maio vuole fare il vicepremier, il Pd non intende cedere. A sera, comunque, il percorso del governo giallorosso riprende. Qualche metro indietro rispetto a quanto previsto, ma va avanti.
La delegazione del Pd che va alle consultazioni è composta dal segretario, Nicola Zingaretti, dal capogruppo alla Camera, Graziano Delrio e da Dario Stefano, che sostituisce Andrea Marcucci.
Dal Pd raccontano di un incontro piano, senza grandi scossoni. “Conte ci ha detto che lavorerà per trasformare i Cinque Stelle in una forza più moderata. E ci ha tenuto a dirci che i suoi riferimenti sono da sempre di centrosinistra”.
Assicurazioni sarebbero arrivate soprattutto sul superamento del decreto Sicurezza bis sulla base dei rilievi di Sergio Mattarella e sulla “revisione” della concessione ad Autostrade (non “revoca” quindi).
ZINGARETTI esce e parla soprattutto di economia (“i dati Istat purtroppo negativi confermano la necessità della svolta”), scuola (“per i redditi medio-bassi si studino formule per la formazione gratuita dall’asilo nido fino all’università”), sicurezza (“ab – biamo chiesto di aprire una stagione di vere politiche per la sicurezza urbana”).
Ma la sorpresa della giornata arriva dalle parole di Di Maio. Il Pd in blocco si ribella.
“Così non è un’alleanza, è un’annessione”, commenta con i suoi al Nazareno lo stesso Zingaretti. E di nuovo dal Pd arrivano le minacce: “Stiamo sull’orlo del precipizio. Questo spacca tutto”.
I dem raccontano che i 5 Stelle hanno dato la loro motivazione: “Ci serve fare così per un voto su Rousseau”. Ma per loro è inaccettabile, come metodo e come linguaggio: quello di Di Maio viene letto come un tentativo di umiliazione.
Non mancano i sospetti: “Di Maio ha un accordo con Salvini, vuole spaccare il Movimento e andare al voto”. E ancora: “Se pensa di fare il vicepremier così non ha proprio capito”.
Il Pd in blocco esce pubblicamente all’attacco di Di Maio. “Il problema è tutto in casa Cinque Stelle”, dice la vicesegretaria, Paola De Micheli. E il segretario annulla un incontro proprio col capo grillino previsto per le tre del pomeriggio. Tramite la segreteria, ma pure con un contatto diretto, Zingaretti avverte Di Maio che non si può più fare: d’altra parte sarebbe sembrato un asse tra i due contro Conte.
E infatti di vertice se ne costruisce un altro. Orlando annulla la sua partecipazione alla Festa dell’Unità di Ravenna e nel tardo pomeriggio va invece a Palazzo Chigi. Con lui c’è Franceschini, che sostituisce De Micheli: salta agli occhi che a parlare con Conte vadano i due candidati sia alla carica di vicepremier (unico) che a quella di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Modi per accreditarsi.
A Palazzo Chigi, però, si litiga: “Non potete fare così, non potete avere quel tipo di uscite pubbliche se volete governare con noi. Quello era lo stile con la Lega. Con noi non funziona”, continuano a dire i due del Pd alle controparti grilline. Conte assiste, ogni tanto interviene.
A questo punto appare molto arrabbiato anche con Di Maio, che gli continua a mettere i bastoni tra le ruote. Il Pd rimprovera il premier di non aver detto nulla pubblicamente, mentre i capigruppo 5 Stelle urlano sulle note diffuse dai dem, in cui il premier incaricato è definito “Presidente del Movimento”.
MA DI FONDO, resta questo il punto: il Pd non vuole minimamente che passi il principio per cui Di Maio e Conte sono due figure di origine diversa.
La nota finale del Nazareno getta acqua sul fuoco: “L’incontro è servito a porre l’esigenza di un chiarimento sulle dichiarazioni di Luigi Di Maio, al termine delle consultazioni, come precondizione per proseguire nel percorso avviato negli scorsi giorni”.
E Grillo è esausto e bacchetta tutti, anche i suoi, Di Maio in particolare: