di Paolo Frosina per Il FQ, 13-12-19
“È un primo importante risultato, non tanto per me, ma per tutte le donne e gli uomini che non si rassegnano a un clima maschilista, a una retorica fatta di insulti o di squallida ironia”.
Esulta, la sindaca di Roma Virginia Raggi, annunciando sui social che il gup di Catania Luca Lorenzetti ha rinviato a giudizio il direttore di Libero Vittorio Feltri (e il condirettore Pietro Senaldi) per il famoso titolo “Patata bollente” del 10 febbraio 2017.
Un poco elegante doppio senso che giocava sulle difficoltà politiche della Raggi, allora indagata (poi archiviata) per abuso d’ufficio in relazione alla nomina di Salvatore Romeo a capo della propria segreteria politica.
Diffamazione aggravata dal mezzo della stampa è incomunali e personali. La sua storia ricorda l’epopea di Berlusconi con le Olgettine, che finì malissimo”) e quello interno (“La Raggi ha mostrato un debole per un dipendente comunale e gli ha dato l’aumento: meglio il Cav, che pagava di tasca propria”) nonché l’ulteriore appellativo di “tubero incandescente” riservato alla Raggi.
“Nessun diritto di cronaca nè di critica esercitato, semplicemente parole vomitevo li”, scrive la sindaca, rivolgendo un “pensiero a tutti coloro, donne e uomini, che hanno subito violenze favorite proprio da quel clima” maschilista esemplificato dal titolo di Libero.
“Come prima cosa devo dire alla signora Raggi che non la ho in antipatia, anzi mi sta simpatica”, è il commento di Vittorio Feltri.
“SUL MERITO POSSO solo dire che io sono direttore editoriale e non ho alcuna responsabilità sui titoli, al massimo li propongo. Non capisco quale sia l’imputazione. Ricordo che l’espressione ‘patata bollente’ fu usata da Libero anche nei confronti di Ruby Rubacuori, ma in quel caso, essendo lei marocchina, evidentemente non interessava a nessuno. Anche questo fa un po’ ridere…”