di Massimo Fini per Il FQ, 9-8-19
“Tutti, giornali, opinionisti, esperti della politica, sono convinti che l’altro ieri Matteo Salvini votando a favore del Tav insieme a Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia, abbia voluto dare la spallata decisiva al governo giallo-verde per andare a elezioni anticipate e monetizzare il successo ottenuto alle elezioni europee e la forza ancora più rilevante che gli attribuiscono i sondaggi.
Il ricatto salviniano ai 5 Stelle di cambiare dei nuovi ministri e addirittura alcuni punti del contratto di governo, sottoscritto da tutte e due le parti, che non gli sono graditi non potrà essere accettato dai singoli grillini se non vogliono suicidarsi politicamente.
Ma non è affatto detto che le cose vadano come crede Salvini: “l’azionista di maggioranza” di questo governo non è affatto la Lega, come si scrive e si dice, ma sono i 5 Stelle che alle ultime elezioni politiche hanno ottenuto più del 32% dei voti mentre la Lega si era attestata sul 17%.
Ora non è affatto automatico che, se cade un governo, si vada alle elezioni.
Secondo una prassi consolidata, cui finora non si è mai venuto meno, il presidente della Repubblica prima di rimandare i cittadini alle elezioni deve fare un giro di consultazioni con i vari partiti per vedere se è possibile formare un nuovo governo.
Si potrebbe perciò formare un governo con 5 Stelle e il Pd, che alle politiche ha ottenuto il 18,7% e che avrebbe la maggioranza assoluta.
Un governo che unirebbe forze politiche molto più omogenee, o almeno meno disomogenee di quanto lo siano 5 Stelle e Lega, che per stare insieme hanno dovuto utilizzare il marchingegno del “contratto di governo”.
Si ricorderà che dopo le politiche Di Maio la prima proposta la fece al Ps che, arroccato sul “r e nzismo”, sciaguratamente la rifiutò non dando ai 5 Stelle altra alternativa che allearsi con la Lega di Matteo Salvini.
I 5 Stelle hanno un programma sociale, che al Pd, se in questo partito è rimasto ancora qualcosa di sinistra, dovrebbe andare a sangue. Il solo punto di contrasto fra 5 Stelle e quelli del Pd è la produttività, di cui i secondi sono assatanati mentre i grillini privilegiano, oltre a una ragionevole uguaglianza sociale, l’ambientalismo e guardando un po’ più avanti, alla maniera di Gianroberto Casaleggio, una vita più semplice, meno nevrotica, più comunitaria.
Un Pd derenzizzato potrebbe quindi rimediare al passo falso fatto dopo le Politiche del 2018. C’è anche da notare che la parte grillina di questo governo, se non ha sempre governato bene per lo meno ha governato. Infatti mentre Matteo Salvini berciava ogni giorno di mattina, di pomeriggio, di sera e di notte affermando che lui lavorava, i 5 Stelle hanno prodotto leggi.
Lo ha confermato involontariamente persino Silvio Berlusconi che in un intervista al Giornale del primo agosto ha dichiarato: “Su venti leggi sinora approvate soltanto due sono state proposte dalla Lega”.
Adesso tutto dipende dalla correttezza del presidente Sergio Mattarella che, come ho detto, prima di sciogliere le Camere ha il dovere di consultare i partiti per vedere se è possibile formare un altro e diverso governo.
Se questo partito vuole fare un definitivo “autodafé” non ha che da respingere ogni accordo con i 5 Stelle e allora sì dovremo tenerci il “cazzaro verde”, come lo chiama Travaglio.