Per chi non l’avesse letto:
Con tutto il rispetto per Matteo Dall’Osso, il deputato affetto da una grave malattia, rieletto (per la seconda e ultima volta) con i 5Stelle e ora passato a Forza Italia, la storiella della sua folgorazione sulla via di Arcore per nobili motivi di “libertà e solidarietà verso le categorie più deboli” può raccontarla a qualcun altro.
Chi milita da due legislature nel movimento più antiberlusconiano d’Italia, chi ancora nel febbraio 2018 solidarizzava su Fb con Di Battista che leggeva davanti alla villa di B. i passi della sentenza Dell’Utri sui finanziamenti di B. a Cosa Nostra, se non si riconosce più nel M5S e vuol essere coerente con la sua coscienza e i suoi elettori, trasloca nel gruppo misto. Non va in FI previo pellegrinaggio a Palazzo Grazioli chez Caimano.
Basta conoscere il bignami della storia d’Italia dell’ultimo quarto di secolo per sapere che cosa accade quando qualcuno, all’improvviso, si converte al berlusconismo.
Nel ’94 il primo governo B. non ha la maggioranza al Senato, ma ottiene la fiducia grazie al salto della quaglia di Tremonti e Luigi Grillo (ricompensati con una poltrona di ministro e una di sottosegretario), Cecchi Gori e altri due (venuti via gratis): tutti eletti con l’opposizione.
Un bel “ribaltone”, che naturalmente B. spaccia per “amore dell’Italia”.
Invece quando il suo governo cade perché Bossi non ne può più di leggi vergogna, prima indica il suo ministro uscente Dini come premier di un governo tecnico di larghe intese, poi si astiene, grida al “ribaltone” e insulta Bossi: “Giuda, traditore, personalità doppia anzi tripla, ladro e ricettatore di voti”. Nel 1998 Bertinotti abbatte il governo Prodi e il ribaltone c’è per davvero: D’Alema lo rimpiazza con una nuova maggioranza senza Rifondazione e con un’infornata di voltagabbana di centrodestra che si fanno chiamare Udr al seguito del trio Cossiga-Mastella-Buttiglione. “Giuda!”, li bolla il Caimano, furioso per il “tradimento della volontà popolare”. “Puttani!”, grida Fini citando un famoso titolo del Roma sui monarchici che nel 1960 avevano tradito Achille Lauro per la Dc. E Miccichè: “Saltimbanchi, truffatori, massoni, boiardi di Stato che strisciano come vermi”.
Nel 2006 B. si compra per 3 milioni il dipietrista De Gregorio per indebolire Prodi al Senato e briga per far ingaggiare da Raifiction una squinzia legata a un altro senatore (lo confessa lui stesso a Saccà in una telefonata intercettata: “Non è per me, ma per un senatore della sinistra con cui sto trattando”; ma alla fine il senatore resta con l’Unione e il forzista Innocenzi dell’Agcom mastica amaro: “Forse se lo sono ricomprato”).
Il centrosinistra lo ripaga annettendosi Marco Follini dall’Udc e lui osa pure strillare al “tradimento”. Ma Prodi cade lo stesso, grazie all’accordo segreto fra B. e Mastella, poi ricompensato con un bel seggio europeo.
Guai però a parlare di ribaltone. Le inversioni a U in direzione Arcore sono sempre frutto di sincere e tormentate crisi di coscienza. Il che non accade per il percorso inverso.
Nel 2010 Fini fonda Fli e porta via i suoi dalla maggioranza di centrodestra. Allora B. ingaggia una trentina di voltagabbana eletti col centrosinistra (Razzi, Scilipoti e altri statisti di chiara fame).
E li ribattezza soavemente “gruppo di responsabilità nazionale”.
I Responsabili. Intanto, avendo la faccia come il Polo, presenta una “legge anti-ribaltone”.
Enrico Letta è sdegnato: “È un governicchio: Berlusconi si dimetta anziché cercare compravendite come al calciomercato, perché cercare parlamentari è solo mendicare una fiducia minima, lo spettacolo della compravendita è oltre la decenza, con la rottura di Fini la maggioranza non ha più il senso di esistere rispetto al voto del 2008”.
Non sa che tre anni dopo, nel 2013, toccherà a lui tener in piedi un governo (anzi un “governicchio”) con i transfughi del Pdl (i poltronisti Alfano & C., riuniti nel Nuovo centrodestra) e sentirsi chiedere le dimissioni da B. perché la sua maggioranza non ha più senso di esistere rispetto al voto di febbraio.
Poi arriva Renzi e imbarca anche Verdini, che prima curava il Mediashopping berlusconiano da sinistra a destra e ora dirige il traffico nell’altro senso di marcia. Con la compiacenza dei giornaloni, compresi quelli che denunciavano lo sconcio delle campagne acquisti berlusconiane.
Memorabile il Corriere della Sera, che nel 2016 definisce la compravendita renziana un “ampliamento del Pd”. L’ampliatore capo è Paolo Naccarato, cossighiano eletto nella Lega e passato a Gal, che però fa il modesto: “Siamo soltanto degli stabilizzatori”. Altri si dicono vogliosi di “concorrere alla sfida entusiasmante delle riforme”. Concorrenti. La Serracchiani preferisce “consapevoli”.
Naccarato allora precisa: “Io irrobustisco il sistema”.
Ecco: irrobustitore, da non confondere con Raffaele Fitto, anche lui molto disponibile come “ricostruttore”. B., sdegnato per l’ennesimo “tradimento” e “ribaltone”, il 27 novembre 2017 annuncia: “Quando saremo maggioranza introdurremo il vincolo di mandato per evitare i troppi cambi di campi e di casacca del passato”.
Ora, un anno dopo, lancia l’operazione “Adotta un grillino”, affidata al duo Carfagna & Polverini. Beppe Grillo ci scherza su: “Offro il doppio di qualunque cifra possa offrire B. (The Muppet) per l’acquisto di parlamentari in saldo”.
Dall’Osso fa l’offeso: “Il Presidente Berlusconi non mi ha dato nulla, solo rispetto e libertà” (di votare come dice Lui, ndr). “Mi spiace che per accendere la luce sulla disabilità io sia dovuto arrivare a un gesto così forte”.
Ecco perché, dopo aver firmato un contratto con i 5Stelle che sanziona i cambi di casacca con multe fino a 100 mila euro, è passato a Forza Italia: per accendere la luce.
Responsabile e pure elettricista.
Marco Travaglio FQ 11.12.18