di Marco Travaglio per Il FQ, 14-03-20
Tre settimane fa, 21 febbraio, entravamo nell’incubo col Paziente Uno di Codogno. Fino a quel giorno chi ci avesse raccontato il seguito della storia sarebbe finito non in terapia intensiva, ma nel vicino reparto psichiatrico: alzi la mano chi avrebbe mai creduto possibili le seguenti scene.
1.Christine Madeleine Odette Lagarde, presidente e consulente di quasi tutto ciò che conta su su fino a Fmi e Bce, quintessenza dell’establishment finanziario e dell’élite dei ben nati, madonna e fata dei competenti per nascita e per definizione come da curriculum e capelli turchini, apre bocca e in 3 secondi fa più danni allo spread e alle Borse di Salvini, Borghi e Bagnai in tutta la vita.
2. Sergio Mattarella, il presidente più prudente, felpato, timorato e democristiano, la sfancula con uno scatto d’ira che, in proporzione, fa impallidire quelli dei sovranisti antieuropeisti più sfegatati. Tant’è che persino Veltroni sparla del Fiscal Compact, mandando in crisi religiosa financo Cottarelli. Che è un po’ come se il Papa all’Angelus smentisse l’esistenza di Dio.
3.Giuseppe Conte, che Repubblica dipingeva come un mezzo pirla, un “azzeccagarbugli”, cattedratico abusivo dal falso curriculum, falso avvocato e forse persino falso laureato, svenditore dell’Italia a Trump, “Ambra teleguidata da Boncompagni”, “burattino che non riesce a diventare Pinocchio”, “pupazzo”, “ventriloquo”, “Forrest Gump ai lampascioni”, “ologramma” e “colf filippina”, viene santificato da Repubblica come “l’anatroccolo nero che non ha più paura”, anzi “si libra al di sopra del proprio destino per volare o sfracellarsi con tutto il suo popolo”. Apperò.
4. Chi ridacchiava di Conte oggi rosica per la sua popolarità, al punto da sbroccare in tv con polemiche che offendono l’intelligenza di chi le fa. Paolo Mieli si stupisce per le fughe di notizie su decreti che coinvolgono decine di dirigenti e consulenti governativi e regionali, e non sopporta i decreti annunciati la sera, ma preferirebbe metà mattinata, massimo primo pomeriggio. Sabino Incassese, altro re dei rosiconi, trova sconvenienti i messaggi alla nazione del presidente del Consiglio e vorrebbe al suo posto il ministro della Salute (infatti Trump, Macron, Merkel, Trudeau, Johnson&C. sono tutti ministri della Salute).
5. I cinesi, gli odiati musi gialli che volevano colonizzarci con la Via della Seta e infettarci con un virus che avevamo già in casa, ci vendono mascherine e respiratori polmonari e ci inviano medici da Wuhan, mentre gli “alleati” europei, con la solidarietà tipica della civiltà ebraico-cristiana, tengono tutto per sé.
6. Crollano altre certezze che ci parevano granitiche. Tipo che il federalismo è una figata (presto, si spera, aboliremo le Regioni). O che i romani sono più indisciplinati dei milanesi e dei bergamaschi (tutti allo spritz fino a domenica). O che i razzisti siamo noi italiani (infatti le frontiere le chiudono gli altri per non farci uscire). O che l’idea di votare online poteva venire giusto a quegli squilibrati dei Casaleggios (ora manca poco che il Parlamento in quarantena chiami il giovine Davide: “Scusa, ti avanza mica una piattaforma Rousseau?”).
7.Le suddette forniture dalla Cina le ha procurate Di Maio, quello che non dovrebbe fare il ministro, tantomeno degli Esteri, ma il bibitaro perché dice “vairus” quando parla inglese (come chiunque parli inglese) e soprattutto è dei 5Stelle, ergo incapace e incompetente per definizione.
8. Emmanuel Macron, competentissimo enfant gâté della tecnocrazia e faro del riformismo mondiale, praticamente il nuovo Napoleone, non ne azzecca una manco sul virus, come un Trump, un Johnson, un sovranista qualsiasi, infatti i corrispondenti dei giornali francesi gli intimano di “fare come l’Italia”.
9. I sindaci Sala e Gori, macronini de noantri e astri nascenti del riformismo all’italiana, finora candidati naturali alla premiership dopo l’imbarazzante parentesi Conte, non possono più mettere il naso fuori per aver detto tutto e il suo contrario, riuscendo a trasformare in statisti pure Fontana e Gallera.
10. I due Matteo, fino a 21 giorni fa lanciatissimi verso il governissimo che fa benissimo, mendicano interviste all’estero, per sparare patriotticamente sul governo italiano che tutto il mondo prende a modello, visto che in patria non se li fila più nessuno.
L’Innominabile parla financo in inglese, aggiungendo imbarazzo a imbarazzo.
Il Cazzaro Verde, a furia di fabbricare, seminare e cavalcare paure, ne ha incontrata una così vera, terrificante e gigantesca che si è ingoiata tutte le sue, lasciandolo senza parole.
Todo cambia, ma una certezza resta incrollabile: la lingua dei Merlo. Salvatore, vergin di servo encomio, ritrae sul Foglio il neocommissario Domenico Arcuri con la consueta sobrietà. “Un uomo corretto”, tipo che non ti scippa il portafoglio.
“La testa ricoperta di capelli d’argento”, mille euro l’uno. “La notevole statura”, e vabbè. “Il volto dai lineamenti puliti”, sarà l’amuchina. “Il naso sfrontato”, qualunque cosa voglia dire. “Da 12 anni l’avvolgente potenza invisibile delle crisi aziendali”, tipo Darth Vader.
“Come l’imam occulto degli sciiti”, perbacco. “Attivo”, dunque non passivo: infatti “sembra amare le donne belle, intelligenti e indipendenti”, diversamente da tutti gli altri che le preferiscono racchie, idiote e impedite; ma è solo un’impressione (“sembra”).
“Gran fumatore di Marlboro rosse”, però “nervose” (le Marlboro).
“C’è da intervenire su Ilva? Chiamano Arcuri.
C’è un problema in Alcoa? Arriva Arcuri.
La Pop Bari rischia? Ecco di nuovo Arcuri”.
C’è da spostare una macchina? Quella macchina qua devi metterla là? È un diesel? Riecco Arcuri.
Sarebbe proprio perfetto, se non fosse che “Calenda lo stima”.
Quindi è spacciato.