di Stefano Feltri per Il FQ, 28-6-19
Ormai non c’è più ambiguità: il progetto del Tav sta andando avanti e non si fermerà da solo.
I Cinque Stelle devono prenderne atto.
Dopo aver avviato la procedura che porterà ai bandi dal lato francese per 2,3 miliardi, la società costruttrice Telt ha promosso anche gli avvisi per la parte italiana.
Il tentativo di prendere tempo, anche agitando un progetto alternativo tutto da valutare ma che nessuno prende sul serio, è fallito.
Quello di delegare la scelta ai tecnici pure: la commissione del ministero dei Trasporti guidata da Marco Ponti ha concluso che l’opera ha un impatto economico negativo per 7 miliardi ma non c’è stata alcuna conseguenza politica.
La sconfessione dell’approccio costi-benefici non solo lascerà procedere il Tav, ma renderà impossibile fermare sprechi addirittura maggiori anche se privi della stessa rilevanza politica (ferrovie assai poco utili al Sud, da 20 miliardi).
Ai Cinque Stelle, da sempre oppositori del Tav (ma non di altre opere), restano poche opzioni.
Non fare nulla equivale a dire che il Tav va fatto e si farà.
Le azioni concrete di matrice governativa sembrano escluse, per ostilità della Lega e perché il M5S non vuole far saltare la maggioranza su una vicenda tutto sommato regionale. Impossibile azzerare i vertici di Telt o rivedere le risorse già stanziate.
Resta la pista parlamentare: il Movimento può cercare un voto sul Tav, non otterrà nulla ma almeno renderà palese che esiste una maggioranza in favore dello spreco sulla Torino-Lione e lascerà traccia di una sua concreta opposizione.
Può rimettere in discussione i vari accordi internazionali (l’ultimo del 2017).
O, più semplicemente, promuovere una mozione che non è vincolante ma, come dimostra il caso di quella approvata sui mini-Bot, può avere grande impatto.
Se poi la maggioranza sopravviverebbe a questo tentativo è un’altra storia.
Ma sul tema Tav non sembrano rimaste opzioni di compromesso o rinvio.