di Caterina Abbate
Non temete, il “sentir e meditar…” non riguarda il Carme in morte di Carlo Imbonati di Alessandro Manzoni, ma una mia particolare forma di fisioterapia.
In questi ultimi tempi sono stata afflitta da mal di schiena, torcicollo, cervicale, ma per fortuna non dal colpo della strega. Sarebbe stato paradossale per me che, da beneventana, un po’ strega lo sono.
E allora vai con fisioterapia, ginnastica posturale e magnetoterapia.
Non scrivo per vantare i benefici sul mio corpo di queste terapie, quanto per evidenziare come prendersi cura di sé favorisca la meditazione.
La terapista Patrizia mi piega la testa a destra, a sinistra, in avanti, indietro, io sento i muscoli sciogliersi e penso che prima non riuscivo a girare la testa per guardare a destra o a sinistra se non girando il busto, mentre ora guardo senza muovermi, tenendomi dritta.
Che vorrà dire?
Finora guardavo il mondo in modo scomposto, quasi tuffandomi in esso, mentre ora mantengo la mia posizione e guardo con equilibrio a ciò che accade intorno a me?
E poi non c’è solo la sinistra e la destra, ma anche il su e il giù. Chi è sopra, chi è sotto. Le direzioni sono tante.
E così, mentre guardo intorno a me, mi accorgo delle persone: una donna anziana parla in un dialetto che fatico ad interpretare e racconta forse la sua vita; un bambino, Salvatore, si lamenta, nessuno gli vuole bene perché gli esercizi al braccio gli provocano dolore.
Poi sorride al pensiero della promessa che, quando, dopo la terapia, tornerà a scuola, ci sarà per lui una grande torta con l’immagine dei Pigiamini. (Per chi non lo sapesse, sono una serie animata per bambini).
Salvatore ora è contento, parla veloce, senza fermarsi mai, e non pensa più al suo braccio; quando se ne va, saluta Patrizia con un bacio improvviso.
Nella magnetoterapia sono sola, su un lettino.
Mentre la macchina fa il suo lavoro, io cerco di non badare agli effetti sul mio corpo, ma vado lontano da me.
Come quando ho fatto la risonanza magnetica, immersa in un tubo, e non pensavo alla claustrofobia, ma ad altro.
Immaginavo che tutti i politici fossero immersi, ognuno, come me in un cilindro, costretti a pensare a quanto accadeva realmente intorno a loro.
E anche ora, mentre procede la magnetoterapia ripenso a quanto ho visto e sentito.
Quanto le parole della donna mi risultassero estranee e mi dispiacesse, perché avrei voluto capire.
Quanto mi commuovesse Salvatore perché voleva essere amato.
Forse viviamo in un mondo malato perché non siamo costretti a pensare, immersi in un cilindro, lontani dal rumore, dagli insulti o dalle facili seduzioni.
Così, invece, la realtà ci appare nella sua semplice, evidente essenza.