di Selvaggia Lucarelli per Il FQ, 20-11-19
Se qualcuno lo ha fatto è giusto che paghi, sono vicinissimo alla fa-
miglia e ho invitato la sorella al Viminale, Questo testimonia che la droga fa male sempre e comunque”
Quando Matteo Salvini parla, non racconta mai nulla oltre quello che gli sta più a cuore, e cioè se stesso. In questo caso era stato invitato a commentare la sentenza Cucchi – dodici anni di carcere ai due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro – e ancora una volta non ci ha detto nulla sulla tenacia di Ilaria, sulla irremovibile perseveranza dei suoi genitori, sulla morte insensata di Stefano, sull’immonda storia di omissioni e depistaggi.
No, ci ha tenuto a farci sapere molto su chi sia lui e nulla di ciò che rappresenta questa sentenza. Questa frase che ha fatto irritare tanti e che ha spinto Ilaria Cucchi a querelarlo, a me invece ha quasi messo di buon umore perché nessuna narrazione sul personaggio Salvini sarebbe stata tanto efficace.
È una pennellata meravigliosa, un selfie coerente della sua miseria umana. Un riassunto perfetto dei macro-temi che lo definiscono.
Soprattutto, è un’impagabile analisi logica e grammaticale della
sua ipocrisia. Basta osservare con meticoloso disgusto il suo sapiente utilizzo di sostantivi, complementioggetti, sinonimi e congiunzioni, per capire cosa stia dicendo, mentre finge umana comprensione per Stefano Cucchi e sua sorella.
Per chi non fosse esperto in sottotesti, vado a spiegare.
QUANDO SALVINI afferma: “Se qualcuno lo ha fatto è giusto che paghi”, utilizza quel tono dubitativo perché dopo anni a sbraitare con la bava alla bocca “marcite in galera!”, “buttate la chiave!” nel caso in cui uno straniero venga sorpreso a rubare una melanzana viola al supermercato, si riscopre improvvisamente garantista.
Se i condannati sono due uomini con la divisa anziché due donne rom col gonnellone, Salvini lascia intendere con una commovente premura che si tratta di una sentenza di primo grado, mica siamo in Place de la Révolution con boia e ghigliottina.
Ma andiamo avanti con l’analisi grammaticale. “Se-qualcuno-lo-ha fatto”, dice.
L’utilizzo del “QUALCUNO” gli consente di omettere i reali soggetti della frase e cioè “i due CARABINIERI”.
È davvero commovente il rispetto per la privacy dei picchiatori, la de- licatezza con cui omette di citare anche la loro professione.
Strano, perché solitamente Salvini è piuttosto preciso e colorito nel definire chi alza le mani sugli altri.
Per dire, quando tre persone picchiarono due coniugi per derubarli (coniugi sopravvissuti, al contrario di Stefano), lui scrisse su twitter: “Coniugi massacrati a Lanciano, in manette tre rumeni che stavano fuggendo.
Grazie alle nostre Forze dell’Ordine, queste bestie devono marcire in galera! #tolleranzazero”.
Insomma,irumenisonobestie che devono marcire in galera prima ancora di un processo e grazie agli eroi delle forze dell’ordine,
due rappresentanti delle forze dell’ordine dopo una sentenza di primo grado che li condanna sono “qualcuno che se ha sbagliato è giusto che paghi”.
Passiamo a “sono vicinissimo alla famiglia Cucchi”.
Secondo la prossemica, la vicinanza di Salvini a Ilaria Cucchi è sempre stata più o meno quella tra il pianeta Terra e la proto-galassia.
Le era molto vicino quando dichiarava: “Mi sembra difficile pensare che ci siano stati poliziotti e carabinieri che abbiano pestato Cucchi per il gusto di pestare” o quando difendeva il povero carabiniere perché Ilaria aveva postato una sua foto al mare: “Quel post mi fa schifo. Un carabiniere non può andare al mare e mettere su facebook una sua foto in costume da bagno? Fa bene a querelarla”.
Un po’ come gli stranieri che non possono sedersi su una pan- china perché poi Salvini li fotografa e li mette sulla sua pagina, dando lorodellesanguisughenullafacenti, insomma.
E ancora, sempre tornando all’analisi della frase, si passa a “Ho invitato la sorella al Viminale”.
Il suo concetto di vicinanza si consuma a favore di telecamera. Ilaria combatte contro l’omertà e le bugie mentre Salvini per 10 lunghi anni è dalla parte dei carabinieri, quando Ilaria vince, la foto ricordo con Ilaria – suggerisce il fido Morisi – fa bene alla propaganda.
Infine, il passaggio capolavoro: “Questo testimonia che la droga fa male sempre e comunque”.
Per Salvini, dunque, la morte di Cucchi a seguito del pestaggio dei carabinieri dimostra che la droga fa male.
Se ne deduce quindi che se uno va in carcere per aver truffato l’assicuratore e un carabiniere lo riempie di botte, le truffe agli assicuratori facciano male.
Un’intuizione, un guizzo, una logicità degni di un picchetto dei carabinieri.
VE LO DICO IO cosa voleva dire con quella frase l’alunno Salvini: “Non è ancora detto che i carabinieri siano colpevoli, la Cucchi mi sta sulle balle, se suo fratello non si fosse drogato sarebbe ancora vivo”.
Non è intelligente, ma si applica.
Per sembrare quello che è: un miserabile.