Andrea Scanzi per IL FQ, 3-9-19
“Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così che abbiamo noi che abbiamo visto Nicola Zingaretti, e ogni volta che lo vediamo ci chiediamo se i due etti di finocchiona ce li taglierà a mano, e soprattutto a fettine fini”.
Chiedendo scusa a Bruno Lauzi, e già che ci siamo pure a Paolo Conte, è in effetti impossibile immaginare un “leader”meno carismatico di Nicola Zingaretti. L’eloquio incerto, la dizione cacofonica, la risata fastidiosamente eterna e una presenza fisica più da salumaio di Vitiano che da conducator di quel che resta del centrosinistra: in apparenza non c’è nulla in lui che funzioni.
Ogni volta che lo si osserva, vien da domandargli se sia da preferirsi il Prosciutto di Parma o il San Daniele: non certo quale debba essere il futuro del Paese.
Nel giorno in cui i 5 Stelle demandano alla mitologica piattaforma Rousseau se fare o no lo Zingamaio, pretendendo quindi che Mattarella e il Paese dipendano dai ghiribizzi talebanistici di qualche decina di migliaia di “no” (poveri noi), è forse il caso di zoomare sulle (si spera) nobili gesta di Normal Zinga Man.
Quintessenza della medietà senza guizzi, il cognato della moglie di Montalbano ha ora l’occasione della vita.
Ma è un’occasione difficilissima, e lui (tutto fuorché impreparato) lo sa bene. Un 35% di suoi elettori non vuole l’accordo con i 5 Stelle: quindi la maggioranza è con lui. Sono invece molti di più (il 40%? Il 50%? Di più?) gli elettori M5S che non vogliono il Pd, ma questo riguarda Luigi Di Maio, che del resto ultimamente colleziona problemi senza risolverli.
I duropuristi lessi 5 Stelle, tipo il consigliere grillino della Regione Lazio Davide Barillari, parla di “errore madornale”, minaccia “dimissioni in massa” (come se qualcuno lo seguisse) e chiama Zingaretti “er saponetta” (un giorno ci renderà edotti dei motivi di tale simpaticissimo nomignolo).
Il mare è certo in burrasca, e Normal Zinga Man ci sta ben bene in mezzo. Era (è) il primo a non essere convinto dallo Zingamaio, anche se la sua reazione positiva al video di sabato di Beppe Grillo è forse la sua apertura più convinta delle ultime settimane. Inizialmente voleva le elezioni come e più di Salvini.
Il segretario Pd lo aveva pure rassicurato al telefono, prima che Capitan Riflusso si inventasse la crisi più idiota del mondo: non perché Normal Zinga Man sia convinto di vincere (mica è scemo), ma perché vuole arrivare secondo e far politicamente fuori (si spera) i renziani, inserendo nel Palazzo tutta gente sua. È tuttora la posizione di Repubblica, che con commovente scelleratezza sta facendo una straordinaria campagna elettorale per Salvini, Meloni e Berlusconi non meno di Libero e Giornale (daje!).
La mossa della Diversamente Lince di Rignano, che del Paese se ne frega ma di poltrone & potere no, ha costretto Normal Zinga Man a una retromarcia. Da allora è stato un annaspare pressoché continuo, ora per colpe sue (il diktat scemo contro Conte) e ora per deliri altrui (il Di Maio bambinesco di venerdì scorso). Lo Zingamaio, se nascerà, partirà di per sé incerto e strambo.
Serve un miracolo: si tratta di scegliere tra la morte politica probabilissima (Zingamaio) e la morte politica certissima (elezioni subito e il peggior centrodestra d’Europa che ci piscia in testa per 5 anni).
Normal Zinga Man è forse un buon politico, ma di sicuro non è un supereroe. Quindi non ha superpoteri. Mai come adesso, però, ne avrebbe e avrà bisogno.