di Andrea Scanzi per Il FQ, 27-8-19
Mary Helen Woods, all’anagrafe Maria Elena Boschi, non ha fatto né mai farà alcunché di ricordabile.
È stata uno dei peggiori ministri di ogni epoca e la sopravvalutazione – con la bava e gli ormoni alla bocca –che ne hanno fatto troppi giornalisti resta una delle cose più ripugnanti nella storia dell’“informazione”italiana.
Di lei non resterà nulla, perché la Storia se non altro è selettiva e vanta efferata memoria.
Le sue imprese più mitologiche sono queste:
1) tentare di riscrivere la Costituzione (come Castillejo che cerca d’insegnar calcio a Van Basten);
2) non abbandonare la politica dopo la vittoria del “no” il 4 dicembre 2016 (come aveva promesso);
3) riuscire a non perdere granché peso dopo una settimana detox alla clinica Chenot di Merano. Roba fortissima. Giorni fa, mentre la signorina Woods postava garrula foto con le forme in bella mostra per sentirsi sexy e replicare “politicamente” a Salvini con gli unici strumenti che crede di avere, Lady Etruria ha fatto sapere che non sarebbe entrata in un eventuale Zingamaio: come se qualcuno intendesse chiedere a una delle “politiche” (giustamente) più odiate d’Italia d’entrare in un governo già detestatissimo ancor prima di (forse) nascere.
Quindi, con consueta grazia da aretina media del basso contado, ha detto che i grillini restano “incapaci e incompetenti”, ma “ci servono” (cioè servono al Pd, noto partito autoproclamatosi “dei buoni”) per sconfiggere Salvini.
ANCHE SOLO in queste parole, pronunciate a In onda su La7 con la consueta vocina da SuperVicky moscia e quella propensione puerile a scandire le sillabe come chi impara a memoria tutto quel che dice (dalla prima elementare a oggi), c’è tutta la pochezza cattiva e arrogante del peggio del peggio del peggio della politica italiana: il renzismo.
Se Zingaretti nicchia su Conte perché ha paura della sua popolarità e perché alle prossime elezioni perderebbe, ma se non altro inserirebbe in Parlamento tutta gente sua e non facente capo a Renzi, i renziani – Boschi in testa – tramano per un accordo con gli odiati 5 Stelle per mantenersi la poltrona in Parlamento e al contempo per riprendersi il partito.
A Renzi, del “bene del Paese”, non gliene frega nulla.
Ed è bene che ogni 5 Stelle lo tenga a mente: le Boschi e le Rotta, i Migliore e i Romano, i Rosato (grazie per questa legge elettorale!) e i Marattin, sono le degne fotocopie delle Bongiorno e dei Centinaio, uno che dieci giorni fa in Senato diceva “ma con chi abbiamo governato finora?” mentre ascoltava i grillini e l’altroieri faceva la questua per tornarci al potere.
Poraccismo allo stato brado, peraltro di bassissima lega (letteralmente). È probabile che oggi un governo giallorosso sia il male minore, ma “solo” per evitare un terrificante Salvini monocolore con dentro ogni liquame putrescente.
Tale governo sarebbe benefico solo se durasse (e durasse bene) e se gli zingarettiani vincessero sui renziani: più facile che Seppi vinca Wimbledon. Di Maio – minato dalle molte cazzate in 14 mesi di Salvimaio e a capo di un movimento sempre più diviso, che può trovare l’unità solo sotto Conte – potrebbe passare in un amen dalla padella alla brace. Se dice “no” spacca in due (come minimo) il Pd, ma al massimo vince la medaglia d’argento perché alle prossime elezioni Salvini ci piscerà in testa a lungo.
Se fa il governo col Pd, o quell’esecutivo dura e fa miracoli, oppure alle elezioni del 2020 dei 5 Stelle non resteranno che lacrime nella pioggia (e senza certo il fascino di Blade Runner). Non vorremmo essere nei suoi panni.