Se siamo forti del della nostra identità, se siamo orgogliosi del nostro passatodel nostro passato, cosa può metterci paura a incrociare storie diverse, temperamenti molto lontani dai nostri, gente che ci ha criticato, gente che viene da lontano, interessi che non ci appartengono?
Per fare questo abbiamo bisogno di maggiore laicità, di non chiedere da dove viene il nostro interlocutore, ma chiedergli dove vuole andare”.
All’assemblea del Pd, la vera star è David Sassoli, neoeletto presidente del Parlamento europeo. Che utilizza il palco dell’Ergife per lanciare prima di tutto questo messaggio politico: ovvero, occorre costruire un dialogo con i Cinque Stelle.
Ed evidentemente si può partire dall’Europa.
DICE SASSOLI: “Voglio rivolgere anche un saluto al presidente del Consiglio. Nel mio intervento a Strasburgo ho ricordato quanta strada abbiamo ancora da fare per affrontare l’emergenza migranti e quanta responsabilità ricada sui governi che non si impegnano a modificare il Regolamento di Dublino, come proposto dal Parlamento europeo.
Sono contento che il richiamo a quella riforma sia entrato nel dibattito
pubblico”. E poi ancora: “Voglio ringraziare, tramite il presidente Conte, le Autorità italiane che consentono tramite i corridoi umanitari, e in collaborazione con associazioni e Ong, la messa in sicurezza di per- sone che devono essere protette”.
La citazione di Conte come colui che agisce è un altro segnale po- litico chiaro. Nel discorso di Sassoli c’è prima di tutto una richiesta al governo italiano di agire nel Consiglio europeo per riformare il Regolamento di Dublino.
Questione, peraltro, già in agenda a Palazzo Chigi. Mentre il riferimento ai corridoi umanitari e alle Ong è da leggersi anche in chiave antisalviniana.
Da notare che Sassoli ha ottimi rapporti con Fabio Massimo Castaldo, appena eletto vicepresidente del Parlamento, dopo il ballottaggio con un eurodeputato conservatore e con la leghista Bizzotto: altro elemento che conferma la divisione tra i sovranisti e i Cinque Stelle.
Un altro momento di convergenza potrebbe verificarsi martedì sul sì di Strasburgo a Ursula Von der Leyen a presidente della Commissione Ue.
Potrebbero convergere sia Pd sia 5 Stelle (e anche la Lega, che però tratta per conto suo in vista del Commissario). Le basi del dialogo sono gettate. E va ricordato che Sassoli è vicino a Dario Franceschini, il primo che provò a lavorare per un governo con il M5S.
AL NEOPRESIDENTE la sala dell’Ergife tributa un’ovazione. Così come a Nicola Zingaretti.
Che prova a lanciare una rivoluzione nel Pd all’insegna del “no alle correnti”: “La riforma del partito è necessaria perché lo strumento che abbiamo non è più utile a svolgere la sua funzione. Non ce ne siamo occupati perché c’erano le elezioni, ma sul partito dobbiamo cambiare tutto perché tutti sappiamo che così non si va più avanti”.
Tanto per marcare il loro peso, però, le correnti si fanno notare per le assenze nelle loro file, a partire da Matteo Renzi e Andrea Marcucci.
Zingaretti lancia una Costituente delle idee a Bologna, dall’8 al 10 novembre. Un modo per aprirsi a mondi ed esperienze politiche esterne. Delusi dei Cinque Stelle compresi.
E poi nomina la Commissione Statuto: tra i nodi da esaminare, la cancellazione della sovrapposizione tra segretario e candidato premier.
Peccato però che tale Commissione sia fatta con il bilancino: presidente Martina, ci sono i rappresentanti di tutte le correnti (da Anna Ascani della minoranza giachettiana a Simona Malpezzi per i lottiani di Base Riformista a Matteo Orfini come invitato permanente). i lottiani di Base Riformista a Matteo Orfini come invitato permanente).
La rivoluzione – come al solito – può attendere.