di Ilaria Proietti per Il FQ, 13-02-20
Quando prende la parola intorno all’ora di pranzo sembrano tornati i tempi in cui Silvio Berlusconi tuonava contro i suoi avversari, accusati di volerlo eliminare per via giudiziaria. Con i suoi a fargli da scudo umano contro le “indebite” interferenze della magistratura.
Matteo Salvini pare proprio intenzionato a ripercorre le orme dell’ex Cav, sperando che la sorte gli sorrida ancora. Perché ora che l’aula del Senato ha deciso di autorizzare la Procura di Catania a procedere contro di lui per la gestione dei migranti a bordo della Nave Gregoretti, il leghista non si farà sfuggire l’occasione per usare l’argomento come carburante per la sua perenne campagna elettorale.
ALLA FINE della giornata Palazzo Madama boccia l’ordine del giorno presentato da Forza Italia e Fratelli d’Italia per “scudare” l’alleato: hanno detto no al processo in 76, mentre la maggioranza ha dato via libera alla richiesta di autorizzazione del tribunale dei ministri di Catania, fermandosi però a quota 152 voti.
La Lega, da parte sua, sfumata ogni speranza di mettere insieme 161 senatori disponibili a garantire l’impunità a Salvini, alla fine ha deciso di disertare lo scrutinio.
Per non essere costretta a ribadire (o ribaltare) la posizione assunta tre settimane fa, quando aveva chiesto e ottenuto che la Giunta per le autorizzazioni a procedere di Palazzo Madama dicesse sì al processo a suo carico, in modo da drammatizzare gli ultimi giorni di campagna elettorale in Emilia-Romagna.
“Il processo non è una passeggiata, l’ho fatto per gli italiani”ha detto Salvini in aula, citando i suoi figli almeno sette volte. Una circostanza che non ha commosso tutti.
Ad esempio Vito Crimi dei 5 Stelle: “Non si è fatto nemmeno scrupolo di utilizzare la famiglia come un feticcio, così come fa con il rosario. I figli lasciamoli in pace”.
Anche perché il “Capitano” in aula non ha rinunciato alle provocazioni contro gli avversari, tanto che gli animi si sono scaldati a più riprese e si è sfiorata quasi la rissa, alla faccia dei buoni sentimenti.
Salvini ha pure anticipato alcuni degli argomenti che potrebbe usare in tribunale, dove dovrebbe rispondere (ma ora il fascicolo torna ai pm) del reato di sequestro aggravato di persona. “Un sequestratore ben bizzarro, perché questi immigrati siamo andati a prenderli – e l’ho disposto io – in acque maltesi e non italiane”.
Una frase che Pietro Grasso di LeU ha liquidato ironicamente al momento delle dichiarazioni di voto: “Un’altra novità di oggi è stata la fantomatica autorizzazione al salvataggio da parte del ministro Salvini in zone maltesi”.
Ma nelle cinque ore di dibattito non sono mancati altri spunti.
La consigliori legale di Salvini, l’avvoca to Giulia Bongiorno, parlando del caso Gregoretti ha teorizzato che si sarebbe trattato non di un sequestro, ma di “un rallentamento dello sbarco dei migranti, in attesa di alcune risposte sulla redistribuzione, che stava gestendo la Presidenza del Consiglio, operato nell’i nteresse pubblico”.
Al che Anna Rossomando del Pd stupita di tanta creatività giuridica, ha ironizzato: “Ma si tratta di un nuovo istituto di diritto?”.
MALGRADO i generosi sforzi di Fratelli d’Italia e Forza Italia – che all’unisono hanno denunciato la gogna contro il Capo della Lega colpevole solo di aver difeso i confini patrii e l’interesse nazionale – alla fine l’intervento più apprezzato da Salvini è stato quello di Pier Ferdinando Casini, senatore indipendente ma eletto nelle file del Pd. Che l’ha messa così: “Non mi pare vi sia dubbio che le azioni del ministro Salvini siano coerenti ed esecutive del programma del Governo di cui faceva parte. Se c’era una valutazione diversa, il ministro doveva essere sfiduciato dal Parlamento o smentito con atti formali dal Presidente del Consiglio o dal Consiglio dei ministri”.
Ma il bello doveva ancora venire perché poi Casini ha messo sul tavolo il carico da undici, facendo fioccare gli applausi del centrodestra e non solo: “Sono contrarissimo al merito della politica che Salvini ha portato avanti ma credo che siano gli italiani a doversi esprimere. Non possiamo delegare questa azione alla magistratura, in una sorta di supplenza impropria: ricordate, colleghi, che quello che oggi capita a Salvini in teoria può capitare a tutti coloro che hanno responsabilità di governo”.
A quel punto il forzista Renato Schifani ha preso la palla al balzo per ricordare Berlusconi, fatto decadere dal Senato che si era rifiutato di regalargli il vantaggio del voto segreto.
A quel punto dai banchi leghisti è partito un applauso più tiepido.
E invece sotto i banchi gli scongiuri si sono sprecati.