Alla “Repubblica delle Idee” l’ex premier rivela il suo vero stato d’animo e scarica veleno su tutti: Letta, Zingaretti, Mogherini e Landini, oltre a Salvini, Di Maio e Conte. Salva solo Lotti
di Claudio Paudice, Huffington Post, 9-6-19
Salvini e Di Maio? “Cialtroni e incapaci”. Conte? “Un cerimoniere, il premier più inesistente della storia, imbarazzante”. Il Governo? “Sembra Beautiful, e sono più brutti di Ridge”. Enrico Letta? “Molto forte nelle redazioni, non nelle cancellerie”. I sindacati? “Ben svegliati”.
La politica come insulto e offesa degli avversari trova ancora una volta in Matteo Renzi uno dei suoi più validi interpreti.
Dal palco di Repubblica delle Idee a Bologna, l’ex premier innesca una sorta di generatore automatico di astio, di epiteti ne ha per tutti.
Sassolini via dalla scarpa e lanciati contro i nemici di oggi e di ieri, dentro e fuori il Pd. Senza un ragionamento politico, anche solo accennato, sulla delicata situazione del Paese o sul Governo che, nonostante i tanti passi falsi, continua a godere di notevole consenso.
Senza, va da sé, autocritica per i tanti errori commessi dal Partito Democratico di cui, pur non essendo più segretario, resta pur sempre influente leader di corrente.
Ma fa parte del gioco politico: quando sei al Governo dispensi sorrisi e abbracci ai “gufi”, quando sei opposizione il buonumore va via e non ci sono freni alla lingua.
Così dal palco di RepIdee l’ex premier rivela il suo vero stato d’animo. Sotto le forche caudine dell’astio renziano, gli unici a passare indenni o quasi sono l’attuale leader dem e il suo fedelissimo Luca Lotti.
Sul primo, l’ex premier non attacca ma marca una certa distanza: “Zingaretti dice che è finita l’egocrazia nel partito? Ha vinto, tocca a lui decidere e noi lo rispetteremo”.
Però chi pensa a “un modello politico privo di leadership commette un errore: senza leadership non c’è una comunità”.
La clemenza è riservata solo al suo fedelissimo, l’ex sottosegretario Luca Lotti, finito ancora una volta nella canea politica perché pizzicato alle cene carbonare dei magistrati del Csm durante le quali si discuteva sotto la regia di Luca Palamara delle nomine dei vertici di alcune procure: “Il Csm ha delle regole, che possono piacere o meno, a me ad esempio non piacciono. Il Csm ha fatto nomine all’altezza, ma l’ha fatto con quel metodo lì: la politica che incontra i magistrati perché lo prevedono le regole. Questo metodo non l’ha inventato Luca Lotti, c’è sempre stato”.
Nulla dice l’ex segretario sul fatto che Lotti avrebbe partecipato a incontri in cui si cercava di influenzare le nomine della Procura di Roma, la stessa che lo ha indagato e ne ha chiesto l’imputazione nel caso Consip: il 14 dicembre scorso da Piazzale Clodio è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per favoreggiamento.
Vicende oscure sulle quali nessuno nel Pd pare abbia voglia di chiarire. Tranne l’ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, oggi esponente dem nell’Europarlamento, che giorni fa non solo ha chiesto al suo partito una dura condanna dei colleghi coinvolti (c’è anche Cosimo Ferri) ma ha pure criticato aspramente la decisione del Governo Renzi di abbassare nel 2014 l’età pensionabile dei magistrati con il solo scopo di influenzare le nomine dei direttivi.
Renzi fa orecchie da mercante e lancia una proposta di comodo per riformare i rapporti tra toghe e politici: “Sono pronto a depositare una proposta di legge domattina in cui si dice basta porte girevoli tra magistratura e politica, fuori i magistrati dai gabinetti dei ministri”.
Sarà per il richiamo alle relazioni pericolose emerse dallo scandalo Csm, fatto sta che l’ex premier veste anche lui la toga ed emette la sua sentenza, senza dissimulare l’umile intento di scrivere la storia: “Senza rancore ricordiamo che chi a sinistra ripeteva che il Pd al governo faceva schifo, ha favorito l’ascesa dei cialtroni di Lega e M5S: la peggior destra alla guida del Paese.
Non sono colpevoli con noi, sono colpevoli davanti alla storia”. A riprova che per Renzi il regolamento di conti con l’allora minoranza Pd è destinato a perdurare nell’eternità.
Nel mentre, sui social, renziani e anti-renziani tornano a litigare proprio come ai vecchi tempi.
Dal canto suo, esclude ancora una volta di voler dar vita a un suo partito: “Oggi non ci sono le condizioni. C’è chi sostiene che accanto al Pd debba nascere una forza di centro, in una sorta di tandem.
È un atteggiamento legittimo, ma se tu fai un partito non chiedi il permesso, non si inizia a fare le rivoluzioni con la cintura di sicurezza. Io trovo sbagliato che si debba tornare al modello Ds-Margherita”.
L’ex premier ha una buona parola per tutti i vertici dell’attuale esecutivo: “Salvini e Di Maio sono degli incapaci, dei cialtroni. Salvini a Bruxelles non conta nulla, è soltanto un fanfarone che parla in libertà e le conseguenze le pagano gli investitori e le persone”.
Ironie anche su Conte, bersaglio di insulti edulcorati da battute di spirito: ”È il primo ministro più inesistente della storia repubblicana, è imbarazzante. Io sono imbarazzato per lui, è un aspirante cerimoniere: potrebbe fare il vice capo del cerimoniale in futuro, il vice perché avrebbe bisogno di un capo per indirizzarlo”.
Lo sguardo dell’ex premier volge poi fuori dal partito, o quantomeno verso chi un tempo ne faceva parte: “La vicenda di Enrico Letta è falsata dalla mitica discussione sullo ‘stai sereno’. Se Francia e Germania lo avessero voluto a capo della Commissione ce lo avrei portato io, ma Enrico Letta è molto forte nelle redazioni dei giornali e poco nelle cancellerie”.
Un attacco, l’ennesimo, che solleva la reazione, stanca, del suo predecessore a Palazzo Chigi: “Leggo Renzi prendersela ancora con me rimestando sulle stranote vicende del 2014 (5 anni fa…una vita). Mi permetto un consiglio sulla base della mia personale esperienza: volti pagina, guardi avanti. Si fanno cose interessanti e si sta anche meglio”.
A sua difesa interviene anche Romano Prodi, anche lui ospite di Repubblica delle Idee: “Posso assicurare che Letta ha la stima di tutti in Europa. E poi, basta, basta, con gli attacchi personali. Se vogliamo affrontare le curve abbiamo bisogno di unità”.
Ma Renzi è già oltre, e dal palco di Bologna torna a infierire – come già ha fatto nel suo libro – su Federica Mogherini, Alto rappresentante per la politica estera Ue, da lui fortemente voluta in quel ruolo quando era premier: “In Europa abbiamo fatto molte battaglie, alcune riuscite, altre meno. Con la nomina di Mogherini abbiamo avuto grande risultato, ma non siamo stati all’altezza di questa sfida, il bilancio dell’esperienza è negativo”.
Infine, rovescia la sua ironia sulla Cgil, con la quale non ha mai mai avuto un buon rapporto.
L’occasione è l’annuncio di un possibile sciopero generale evocato dal segretario Maurizio Landini: “Benvenuti, ben svegliati ai sindacati, era l’ora: è un anno che questi sono lì, e solo oggi dicono che possono pensare a uno sciopero generale. Siamo in crisi, cala l’occupazione, vi strappano gli striscioni di mano e dite che forse c’è bisogno di uno sciopero generale? Era ora”.