Estratto dall’intervista di Annalisa Cuzzocrea per ”la Repubblica”
Ha davvero deciso lo strappo?
“I gruppi autonomi nasceranno già questa settimana. E saranno un bene per tutti: Zingaretti non avrà più l’alibi di dire che non controlla i gruppi pd perché saranno “derenzizzati”. E per il governo probabilmente si allargherà la base del consenso parlamentare, l’ho detto anche a Conte. Dunque l’operazione è un bene per tutti, come osservato da Goffredo Bettini. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Il ragionamento è più ampio e sarà nel Paese, non solo nei palazzi”.
(…) Aver mandato a casa Salvini resterà nel mio curriculum come una delle cose di cui vado più fiero”.
Anche se per farlo il Pd non è passato dal voto?
“Si chiama democrazia parlamentare! Il leader della Lega usava il Viminale per educare all’odio. Quando, in evidente stato di sovraeccitazione, chiede pieni poteri, può accadere qualsiasi cosa: l’uscita dall’euro, la nomina dei suoi amici che chiedono tangenti ai russi alla guida di Eni. La recessione che avrebbe seguito la campagna di promesse e fake news non avrebbe solo fatto aumentare Iva e spread: avrebbe messo in ginocchio le imprese”.
Adesso però lei spacca il Pd indebolendo proprio il fronte anti-Salvini. Che senso ha?
“È il contrario. Abbiamo fatto un capolavoro tattico mettendo in minoranza Salvini con gli strumenti della democrazia parlamentare. Ma il populismo cattivo che esprime non è battuto e va sconfitto nella società. E credo che le liturgie di un Pd organizzato scientificamente in correnti e impegnato in una faticosa e autoreferenziale ricerca dell’unità come bene supremo non funzionino più”.
L’unità è una richiesta che viene soprattutto dalla base. Zingaretti ha fatto di tutto per mantenerla. Cos’è che gli rimprovera?
“Non ho un problema personale con Zingaretti, né lui ha un problema con me. Abbiamo sempre discusso e abbiamo sempre mantenuto toni di civiltà personali. Qui c’è un fatto politico. Il Pd nasce come grande intuizione di un partito all’americana capace di riconoscersi in un leader carismatico e fondato sulle primarie. Chi ha tentato di interpretare questo ruolo è stato sconfitto dal fuoco amico. Oggi il Pd è un insieme di correnti. E temo che non sarà in grado da solo di rispondere alle aggressioni di Salvini e alla difficile convivenza con i 5 Stelle”.
Rischia di passare alla storia come colui che ha ucciso il partito che aveva l’ambizione di unire la tradizione socialdemocratica e quella cattolica, i Ds e la Margherita. Lo sa?
“Ma dai! Sono cinque anni che mi dite che rovino il Pd. Basta con questa tiritera sul passato. C’è un futuro ricco di difficoltà, ma bellissimo, là fuori. Lo andiamo a prendere? Lo costruiamo? O ci limitiamo ad aspettarlo rinchiusi nelle nostre correntine? Diciamo la verità: c’è una corrente culturale nella sinistra italiana per la quale io sono l’intruso”.
Perché ha spostato a destra il Partito democratico?
“Ho portato il Pd al massimo mai raggiunto: 41%. Ho garantito anni di governo che hanno portato le unioni civili, il dopo di noi, le leggi sul sociale e sulla cooperazione internazionale. Abbiamo fatto un incredibile piano per le aziende. Finalmente si è iniziato una lotta all’evasione fiscale seria. Il Pil era negativo e lo abbiamo portato in terreno positivo. Chi guadagna poco ha almeno gli 80 euro, su cui tutti fanno ironie ma che nessuno tocca. Quando sono arrivato c’erano 20 milioni di euro sulla povertà, quando sono andato via 2,7 miliardi, e altri 2 sulle periferie. C’è più sinistra in questo elenco che in anni di rivendicazioni e convegni della ditta”.
(…)
Sembra una vendetta.
“Ho votato la fiducia persino al governo coi grillini, figuriamoci se mi preoccupano i risentimenti o le vendette. Mi hanno sempre trattato come un estraneo, come un abusivo, anche quando ho vinto le primarie. Ancora oggi c’è una corrente culturale che paragona i due Matteo mettendoli sullo stesso piano. È il riflesso condizionato di quella sinistra che si autoproclama tale e che non accetta di essere guidata da uno che non provenga dalla Ditta. Del resto il contrappasso è semplice: io esco, nei prossimi mesi rientrano D’Alema, Bersani e Speranza. Va via un ex premier, ne torna un altro. Tutto si tiene”.
(…) Non sono interessato a mettere il naso nelle nomine, ma voglio dire la mia sulla strategia. Perché continuiamo a tenere divise Leonardo- Finmeccanica e Fincantieri? Che senso ha? Non rischiamo di farci mangiare da partner europei che investono più di noi sullo spazio e sulla difesa?”.
Letta a Radio Capital ha detto: “Non posso credere che Renzi vada via perché non c’è un sottosegretario di Pontassieve”.
“Per rispetto della sua intelligenza non commento una simile idiozia”.
(…) non sarà un partito tradizionale, sarà una casa. E sarà femminista con molte donne di livello alla guida. Teresa Bellanova sarà la capo delegazione nel governo. (…)
Appoggerà le intese Pd-M5S alle regionali?
“A me l’alleanza strategica con Di Maio non convince. Non ho fatto tutto questo lavoro per morire socio di Rousseau. (…) La nostra Casa non si candiderà né alle regionali né alle comunali almeno per un anno. Chi vorrà impegnarsi lo farà con liste civiche o da indipendente. La prima elezione cui ci presenteremo saranno le politiche, sperando che siano nel 2023. E poi le Europee del 2024. Abbiamo tempo e fiato”.
Puntando a quale obiettivo? Non teme che le sue idee, andando altrove, rischino di sparire?
“Il mio amico Franceschini me lo ha scritto ieri sera via sms. Uscirai dal Pd e non ti considererà più nessuno. Può darsi. Mi piace da impazzire quando mi dicono che sono morto. L’ultimo che lo ha pensato si sta ancora leccando le ferite. Faceva il
ministro dell’Interno. Adesso lui è tornato al Papeete e il Viminale è un posto più civile”.
(…)
QUI l’integrale:
https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2019/09/16/news/pd_renzi_scissione-236190189/