Stefano Feltri ci spiega la manovra, Il FQ, 18-01-19
“E adesso viene la parte difficile: far partire davvero il reddito di cittadinanza e la riforma delle pensioni “quota 100”.
Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto con le due misure, poi il premier Giuseppe Conte e i due vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno illustrato il tutto in conferenza stampa. “Questa è una tappa fondamentale”, dice Conte.
Però sullo sfondo già c’è l’altra tappa fondamentale: le elezioni europee di maggio.
E tutti i dettagli dei due provvedimenti sono stati calibrati con quella in mente.
LA RAGIONERIA generale dello Stato ha preteso che ci sia una specie di tagliola pronta a scattare: se finiscono i soldi per il reddito (7 miliardi) servirà subito un decreto per ridurre l’ammontare o trovare nuove coperture, lo stesso succede se Quota 100 costa più di quanto stanziato (4 miliardi), con tagli al budget del ministero del Lavoro o al bilancio dello Stato.
Ma per oscurare questi dettagli spiacevoli, Salvini e Di Maio spiegano che siamo solo a l l’inizio: arriverà “quota 41” (in pensione tutti con 41 anni di contributi) e, assicura Salvini, “non si può mettere in discussione il diritto alla pensione per motivi economici”.
Gli statali andranno in pensione da agosto, se avevano i requisiti a fine 2018, gli altri sei mesi dopo averli maturati.
E, per evitare che vadano alle urne scontenti a maggio, Lega e M5S assicurano che almeno una parte della liquidazione – “30 mila euro” – sarà pagata subito.
IL REDDITO di cittadinanza resta la misura più complicata da gestire: ci sono alcuni ritocchi, nell’ultima versione, per accelerare.
Per esempio 250 milioni per le assunzioni dei “navigator” che assistono i beneficiari nella società pubblica Anpal Servizi, oppure un’indicazione di chi saranno i primi a essere convocati ai centri per l’impiego (chi è disoccupato da “non più di due anni”, chi è sotto i 26 anni, chi prende l’assegno Naspi o lo prendeva fino a un anno fa).
L’obiettivo di Di Maio è pagare i primi assegni alla vigilia delle Europee, “a fine aprile”, ed evitare che sembri un intervento assistenziale ed elettorale.
Il primo obiettivo è il più complesso: ora bisogna spiegare bene le procedure ai potenziali beneficiari, far funzionare le banche dati, dare il via alla filiera che deve processare le domande (tra Poste, Caf e Inps), coinvolgere le imprese che dovrebbero fare le offerte di lavoro, far arrivare in tempo le card su cui verrà caricato il sussidio.
Uno sforzo titanico, soprattutto da compiere in poco più di due mesi. Di Maio è altrettanto preoccupato di rassicurare i critici e sottolinea le norme “anti-divano” e “anti-abusi”.
Le penalità per chi non rispetta gli impegni presi o mente sulle informazioni vanno dalla perdita di parti del sussidio a sei anni di carcere.
Sono poche le categorie esentate dall’obbligo di accettare un’offerta “congrua”su tre proposte entro 100 chilometri nei primi sei mesi, 250 nel periodo successivo e su tutto il territorio nazionale dopo il primo ciclo di 18 mesi.
Il vicepremier M5S sottolinea anche che i soldi sulla carta vanno spesi: chi non lo fa entro fine mese li perde, perché dimostra di non averne bisogno e perché non stimola i consumi (meccanismo non chiarissimo nelle bozze di decreto).
Per misurare il coinvolgimento delle aziende ci vorrà tempo, anche per vedere i primi contratti “a tempo pieno e i ndeterminato” incentivati dal reddito che va al datore di lavoro che assume il beneficiario.
Rischiano di vedersi subito invece i contraccolpi sui Comuni, mai citati nei discorsi dei leader di Lega e M5S ma che si vedono caricare di nuovi compiti complessi senza ricevere un solo euro di risorse aggiuntive.
Chi, dopo la prima selezione, non viene considerato subito abile al lavoro dovrà firmare un “Patto per l’in – clusione sociale” sul modello di quello attuale del Rei, il Reddito di inclusione.
Cioè viene preso in carica dai servizi sociali del Comune e, se necessario, anche dalla Asl.
I Comuni dovranno poi organizzare il lavoro socialmente utile in campo “culturale, sociale, artistico, ambientale” cui sono tenuti i beneficiari dell’assegno, fino a otto ore a settimana.
Ma per farlo i Comuni non ricevono un euro.
Difficile che si dimostrino collaborativi.
E ogni intoppo, da qui a maggio, rischia di costare caro nelle urne.”
di Stefano Feltri