di Francesco Casula per Il FQ, 15-8-19
Le parole su Nadia Toffa, poche ore dopo la sua morte, sono state tante, tantissime. I ricordi sinceri, gli omaggi doverosi, riconoscimenti meritati.
Anche Mediaset, sul suo sito ufficiale, ha dato ampio spazio ai coraggiosi servizi della Iena più irriverente e solare che si ricordi.
Nell’home page del sito di Mediaset Play, oltre alla foto di Nadia e al ricordo dei colleghi, è stato inserito uno spazio virtuale intitolato “Il meglio dei servizi di Nadia Toffa”.
Cambiamento climatico, pedofilia, malasanità. C’era il servizio sulle malattie respiratorie a Borgotaro (Parma) e l’inquinamento “dell’altra Ilva”.
Già, “l’altra”, la Ferriera di Trieste. Invece l’Ilva originale, quella di Taranto, su cui Nadia ha concentrato la sua battaglia professionale e umana, non c’era. Eppure su Taranto e sui problemi dei tarantini, Nadia Toffa aveva fatto tanto, tantissimo.
Al punto che qualche mese fa le era stata conferita la cittadinanza onoraria del capoluogo ionico. Una svista? Forse. Ma comunque imbarazzante.
L’impegno di Nadia, come detto, è andato ben oltre il racconto della tragedia ambientale e sanitaria. Si è spinto in iniziative che hanno permesso di raccogliere ben 500 mila euro donati al reparto pediatrico dell’ospedale ionico per l’acquisto di macchinari e per il pagamento degli stipendi dei medici specialisti per due anni.
Si chiama “Ie Jesche Pacce Pe Te” che in dialetto tarantino significa “io divento pazzo per te”.
Nadia non era solo la testimonial di una campagna, era il simbolo della lotta conto l’inquinamento e le malattie prodotte dalla fabbrica. Fino all’ultimo ha dichiarato il suo amore per Taranto, la sua gente, il suo mare.
Eppure di tutto questo sul sito ufficiale del Gruppo Mediaset non c’è traccia.
DEL RESTO l’azienda berlusconiana sulla questione Ilva è sempre stata su posizioni opposte a quelle di Nadia Toffa.
Il governo guidato da Silvio Berlusconi, nel lontano 2010, per consentire alla famiglia Riva di uscire dall’emergenza sulle emissioni di benzoapirene, un inquinante estremamente cancerogeno, varò il decreto che consentiva l’innalzamento dei limiti di legge.
In cambio ottenne la partecipazione della famiglia industriale nel primo salvataggio Alitalia con una quota di 120 milioni di euro. I Riva e il loro staff sapevano di poter contare un alleato fedele.
E così, proprio quando Le Iene stanno per mandare in onda un servizio sulla questione Ilva, chiedono aiuto. I finanzieri che in q ue l l’ottobre 2010 stanno indagando sulle relazioni della famiglia Riva, scoprono che uno degli avvocati dell’azienda ha provato a bloccare la messa in onda.
Per neutralizzare il servizio sui fumi sparati durante la notte dai camini del siderurgico, l’avvocato Franco Perli incontra Mauro Crippa, braccio destro di Fedele Confalonieri.
Il legale lo racconta ad altri indagati, ma poi scopre che alla redazione è stata spedita una raccomandata su ordine dell’ex patron Emilio Riva. Quella nuova strada è scivolosa.
Perli lo sa e così si tira indietro. “Io qui mi fermo – dice al telefono a Fabio Riva – perché questa è una dichiarazione di guerra” e “se questi si incazzano ci mollano!”.
LA MANOVRA, però, non riesce: il servizio va in onda. I Riva tentano una difficile controffensiva, ma sono ormai a un passo dal baratro.
Due anni dopo l’inchiesta “ambiente svenduto”travolgerà tutto e tutti. Le Iene, come pochi altri in Italia, lo avevano capito in anticipo. Hanno continuato a raccontare quel dramma per anni.
Però oggi Mediaset, ricordando il volto più noto de Le Iene, preferisce ignorarlo.