di ILARIA PROIETTI E TOMMASO RODANO per Il FQ, 13-8-19
Alla fine la conferenza dei capigruppo del Senato serve soprattutto a scattare la fotografia della nuova, inedita composizione del Parlamento italiano: da una parte il vecchio centrodestra (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia) che vuole correre alle urne.
Dall’altra l’asse trasversale degli anti-Salvini, l’unione estemporanea di Cinque Stelle, Pd e gruppo misto (LeU, Radicali, ex grillini, Maie), che vogliono prendere tempo e prolungare la fase di stallo, magari per agevolare le condizioni che consentano alla legislatura di andare avanti almeno per qualche mese.
Una strana alleanza che alla fine la spunta, ma giusto il tempo dell’ultimo rilancio di Salvini, che ha lasciato intendere il ritiro già nelle prossime ore dei suoi ministri dall’esecutivo gialloverde.
Il leghista vorrebbe forzare Giuseppe Conte a rinunciare al passaggio parlamentare con il quale il premier intende denunciare, pubblicamente, le sue responsabilità della caduta del governo.
UN PASSAGGIO che però il centrodestra teme possa fornire “una rampa di lancio”, (il copyright è della capogruppo dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini) per un Conte bis.
Salvini, neanche a dirlo, vede quest’ipotesi come fumo negli occhi: il premier o un’eventuale altra personalità incaricata da Sergio Mattarella di verificare l’esistenza di altre maggioranze in Parlamento, potrebbe prolungare la legislatura.
E sarebbe l’ultimo ostacolo al plebiscito che probabilmente attende la Lega alle urne. Per questo motivo, tra una minaccia sul ritiro dei ministri e un’invettiva via social, tenterà di contrastare con ogni mezzo la manovra dilatoria sul calendario che sarà deciso oggi dalla maggioranza dell’Aula.
A Palazzo Madama il gruppone dei temporeggiatori si avvale di una maggioranza abbastanza solida: sulla carta, al netto delle assenze di chi non riuscirà o non vorrà tornare in tempo dalle vacanze, l’asse anti-Salvini dovrebbe contare 159 senatori contro 137. E quindi dovrebbe ottenere che tutto sia rimandato al 20 agosto: per le comunicazioni del presidente del Consiglio e non certo per la votazione della mozione di sfiducia presentata a Conte dal Carroccio.
IL CENTRODESTRA invece chiederà nella seduta dell’Aula del Senato convocata per oggi, di votare subito (alle 18 di domani, dopo la commemorazione a Genova delle vittime del crollo di Ponte Morandi) la sfiducia al premier.
Insomma sarà u n’altra giornata campale, dopo che ieri la tensione in capigruppo è stata per ore alle stelle, con coda polemica finale da parte della capogruppo di LeU, Loredana De Petris che ha accusato la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati di fare il gioco di Salvini e di non essere arbitro imparziale.
Stessa accusa da parte del suo collega del Pd, Andrea Marcucci che l’ha messa sulla graticola per la forzatura al regolamento che comunque costringerà i senatori ad essere a Roma oggi pomeriggio.
“Uno spettacolo indegno e una forzatura gravissima, visto che c’era già l’accordo della maggioranza su Conte che avrebbe riferito il 20 in Aula”ha detto Marcucci, reduce da una riunione in mattinata con il segretario dem Nicola Zingaretti e il presidente del partito Paolo Gentiloni in cui sarebbero rientrate tensioni e spaccature tra renziani e non.
SE PUÒ ESSERE una prova, alla successiva riunione del gruppo del Pd convocata subito dopo a Palazzo Madama (Renzi era assente) il clima era più che disteso.
A tenere banco Bruno Astorre che arrivando ha salutato i suoi compagni di ventura tornati malvolentieri dalle ferie, con uno scanzonato: “Buonasera a tutti belli e brutti”.
Per poi passare ad illustrare, una volta chiuse le porte ai cronisti, la differenza sostanziale tra due tipiche espressioni romane (sticazzi e mecojoni) ad uso dei senatori non residenti nel Grande raccordo anulare.
Più pensosa la riunione che ha tenuto riuniti per quattro ore i gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle, centrata sul tradimento di Salvini, sui parzialissimi mea culpa di Luigi Di Maio accusato di non essere stato capace di contenere l’ormai ex alleato della Lega, sul riconoscimento a Conte di aver “fatto un grande lavoro”.
Poi però si è data voce ai parlamentari che si sono spaccati in due, tra chi vuole mandare avanti la legislatura se Conte se ne farà garante e chi vuole andare a votare, perchè “bisogna tornare ai valori originali”e di alleanze con Renzi e i renziani “non se ne possono fare, il Movimento non sopravvivrebbe”.
In mezzo veleni e polemiche riassumibili in una domanda: “Ma chi non teme le urne è perchè ha già la certezza di una rielezione sicura, magari con la deroga al limite del secondo e del terzo mandato ?”
nsomma una seduta di autoanalisi. Prima dell’ultimo azzardo di Salvini per imporre un altro ritmo alla crisi.