di Silvia Truzzi per Il FQ, 5-9-19
Di solito i commentatori non ne azzeccano molte. Ma tre giorni fa su Repubblica Piero Ignazi, politologo dell’Alma Mater di Bologna, ha scritto lapidario: “Il voto su Rousseau non darà sorprese”. E così è stato. Poi ha anche sancito che questa operazione – ieri suggellata con il giuramento al Quirinale – “comporta molti più rischi per il Pd che per i 5Stelle”.
Professore, lei dice che se l’esecutivo non sarà più rosso che giallo il Pd si ritroverà ai margini del sistema partitico. Ce lo spiega meglio?
Quest’operazione è high gain-high riskper il Pd, ad alto potenziale di guadagno, ma anche di rischio. Il guadagno è l’egemonia su sinistra e centrosinistra: a sinistra non c’è più nulla e può andare a rosicchiare voti verso il centro, sia dai 5Stelle sia dal bacino del 40 per cento delle Europee 2014. Tutte le ricerche hanno dimostrato che quel risultato non dipende da voti presi a destra, ma dal fatto che tutti quelli che per due decenni avevano votato a sinistra e poi si erano allontanati, avevano ritrovato in Renzi la voglia di riprovarci. Il beneficio è quindi recuperare ciò che con i governi Renzi e Gentiloni è andato via via disperdendosi.
E il rischio?
Di finire come i socialdemocratici tedeschi, schiacciati tra una risorgente rivalità tra Lega e 5Stelle.
Sarà, come ha detto Massimo D’Alema, l’occasione per il Pd di ricucire un dialogo con tanti che da sinistra si sono spostati verso i 5Stelle?
Difficile da dire: non c’è stato tanto uno scambio tra le due basi, più che altro un’emorragia continua di elettorato popolare dal Pd perché le politiche socio-economiche avevano preso direzioni diverse. E poi il voto giovanile che non ha più favorito i dem, preferendo massicciamente i 5Stelle, tra il 2013 e il 2016. Non so però se quella parte di borghesia che sostiene il Pd apprezza questa nuova alleanza: spero che il cosiddetto ceto me-dio riflessivo non si allontani dal Pd.
Parliamo dei 5Stelle: si sono spostati definitivamente a sinistra, con Grillo, o continuano a essere post-ideologici, con Di Maio?
Bella domanda. Dipende tutto da Grillo: abbiamo visto che se lui apre bocca, tutto cambia. Questo è ancora il partito di Beppe Grillo. Può darsi che qualcuno, Di Maio in particolare, crei problemi. Se i 5Stelle riscoprono l’anima grillina, possono recuperare molti elettori che l’anno scorso li avevano votati. Questo metterebbe il Pd all’angolo. Gli scenari sono due: dipende quale forza si dimostrerà egemone.
E Giuseppe Conte?
Sarà il nuovo leader dei 5Stelle secondo lei? Il suo ruolo è cambiato radicalmente: da colui che aveva chiesto a Di Maio ‘Questo posso dirlo?’ a colui che è stato il motore di questo cambiamento. A questo punto nel Movimento c’è una triade: il leader assoluto Grillo, il capo politico Di Maio e Conte, effettivo capo del governo.
I banchi dell’opposizione sono occupati solo da forze di destra. Il tripolarismo è finito?
Diciamo che – siamo solo all’inizio – il tripolarismo è potenzialmente ricomposto in un bipolarsimo.
Alla Lega farà bene un periodo di opposizione?
È un partito in grandissima difficoltà: ciò su cui la Lega del Nord puntava, cioè l’a utonomia, è ormai perduto. E questo per Salvini è un problema. Poi dipende quanto si potrà rilanciare sull’immigrazione. Un leader che fa la faccia feroce e poi subisce quell’inaudita umiliazione dal premier Conte in Senato, in una diretta vista da 15 milioni di persone, ha davanti una strada in salita. Quel dibattito se lo ricorderanno tutti. È difficile che Salvini si scrolli di dosso in breve tempo lo stigma di una sconfitta così mortificante e così pubblica.
Av re m o quasi certamente una legge propo rz io nale: non si era sempre detto che il maggioritario serviva a un sistema con due forze politiche forti?
Giovanni Sartori ci ha insegnato che esistono tendenze nei sistemi elettorali, non rapporti di causa effetto. Tra l’altro ricordava sempre il Canada, dove c’era un sistema maggioritario che produceva tre grandi partiti. Detto ciò: la legge proporzionale si rende necessaria vista l’intenzione di votare una significativa riduzione del numero dei parlamentari, che con l’attuale, pasticciatissimo Rosatellum, avrebbe effetti molto distorsivi sulla rappresentanza.
Per ultima, la domanda più difficile: visto che ha azzeccato la previsione sul voto di Rousseau, quanto dura il Conte bis?
No comment! Scherzi a parte, le variabili sono molte ed è troppo presto. I gruppi parlamentari del Pd sono compattissimi. Vediamo se i 5Stelle saranno collaborativi o se cominceranno a fare il Vietnam, se diventeranno un nuovo Bertinotti per il Pd: dipende se Grillo vorrà ancora pesare nella vita del Movimento o se sarà tutto nelle mani di Di Maio.