Stralcio di un articolo di Massimo Novelli per Il FQ, 225-6-19
“(…) L’ex capitale d’Italia, un anno fa, nel settembre del 2018, è stata tagliata fuori con la sua proposta di candidatura ai Giochi.
E la sindaca Chiara Appendino aveva dovuto prenderne atto, ricordando, assai irritata, che “senza l’appoggio e il sostegno economico del governo” Torino non avrebbe alcuna possibilità.
Le cose sono andate esattamente in questo modo, nonostante il successo d’immagine delle Olimpiadi di Torino del 2006.
La città sabauda aveva cominciato a perdere ben prima del settembre 2018, però, soprattutto perché la maggioranza a 5Stelle della sindaca aveva minacciato di spaccarsi in caso di un “sì”deciso ai Giochi del 2026.
I tentativi successivi di ricucire e di rilanciare, attraverso una candidatura a tre con Milano e Cortina, sono naufragati, dato che la Lega di Matteo Salvini, a livello di governo nazionale, ha privilegiato la candidatura Milano-Cortina, con il via libera dei 5Stelle.
Appendino però si è in parte rifatta aggiudicandosi un evento molto meno costoso (78 milioni dal governo) e più lucroso: le Atp Finals di tennis, che non durano 15 giorni, ma 5 anni, con enorme afflusso di spettatori previsto.
Ma Torino ha veramente perso?
Oppure l’esclusione dai Giochi è un bene, se si fanno due conti e se si pensa agli effetti economici delle Olimpiadi del 2006 sulla città e sul Piemonte?
In occasione del decennale della manifestazione, l’esperto di diritto commerciale Alessandro De Nicola ha notato che “Torino 2006, che pure è stata organizzata bene, ha lasciato opere inutili (il solo trampolino per il salto con gli sci è costato 34 milioni, è inutilizzato e succhia un milione di manutenzione l’anno), perdite (coperte dai fondi pubblici) e debiti”.
TUTTO VERO, ma non solo.
I giornalisti Davide Carlucci e Giuseppe Caruso hanno dedicato alle vicende subalpine un capitolo del loro libro “Magna magna” edito da Ponte alle Grazie.
Malgrado “l’Olimpiade sia un evento privato organizzato con soldi pubblici”, hanno scritto, “non esiste un bilancio ufficiale complessivo a cui potersi rifare”, seppure il “vero problema dell’Olimpiade di Torino sembra essere il mancato scambio tra problemi e vantaggi”.
Per Carlucci e Caruso, pertanto, Torino “ha un’eredità olimpica di cui non andare molto fieri”, a cominciare dal debito accumulato di 3,1 miliardi, il 225 per cento delle entrate, e proseguendo quindi con le strutture inutilizzate come l’ex villaggio olimpico, “una sorta di ghetto, dove la gente preferisce non passare quando tramonta il sole”, e con gli impianti sportivi.
Quella del denaro pubblico speso con troppa facilità, concludono gli autori, “diventerà con il passare del tempo l’etichetta che rimarrà addosso alle Olimpiadi torinesi”. E pensare che i Giochi del 2006 erano stati l’ultimo regalo di Gianni Agnelli alla sua Torino.
Lui non riuscì a vederli, perché morì prima. Ma nel 2006, quando si diede avvio alle gare, in un’alata corrispondenza, per un alato giornale, un cronista non d’assalto scriveva:
“E l’assenza di Agnelli non è mai stata così presente, nei giorni olimpici in cui nessuno si è dimenticato di nominare l’uomo che ha permesso questo, alzando il telefono e chiamando Samaranch e Killy, e poi contribuendo a quel complicato lavoro ai fianchi nei confronti del Cio, e degli anziani signori che con un voto decidono destini di popoli e città”.”
E Paragone: