di Franco Monaco per Il FQ, 25-05-19
“Da gran tempo concordo con Cacciari.
Da ultimo con il suo accorato appello ai 5Stelle e, di riflesso, al Pd.
Nel suo intervento sul Fatto, egli si è indirizzato in particolare ai pentastellati argomentando efficacemente – riassumo all’ingrosso – quanto segue:
non può reggere un governo fondato su un contratto;
le visioni e le idee contano a dispetto del luogo comune dell’eclisse delle ideologie; quelle dei 5Stelle, più o meno elaborate, sono tuttavia opposte a quelle di Salvini oggi interprete di una estrema destra dai tratti inquietanti;
dunque, conclude Cacciari, il M5S si chieda se è il caso di reiterare una contraddizione che manifestamente non produce buon governo e condanna il Movimento a una torsione al limite dello snaturamento (oltre che al suo ridimensionamento elettorale).
Per parte mia, provo a girare l’appello all’altro naturale destinatario sin qui altrettanto sordo, il Pd, che, ostaggio di Renzi, con il suo aventinismo, spinse i due partner di governo a quel matrimonio innaturale.
Solo tre spunti.
Primo. Al netto di un certo dilettantismo e di un qualche cedimento alla demagogia, come non riconoscere nella “cultura politica” dei 5Stelle e nelle sue ricette “tratti di sinistra ”, una sensibilità sociale e ambientalista, un impegno contro privilegi, precarietà, disuguaglianze? A cominciare dalla misura bandiera del reddito di cittadinanza.
Ci sta stigmatizzare il cedimento ai provvedimenti bandiera di Salvini (su immigrazione e legittima difesa), ma come si può sostenere la palese sciocchezza che Lega e 5Stelle pari sono?
Come può una forza politica democratica e responsabile, formalmente posizionata a sinistra, osservando il quadro politico italiano ed europeo, non operare distinzioni, non stabilire quale sia l’avversario principale, quello più insidioso e allarmante?
Secondo. Dal Pd si auspica la caduta del governo. Naturale. Ma poi si invocano elezioni. Magari segretamente con il terrore che poi le elezioni si facciano davvero.
Domando: con il suo 20% e privo di un sistema di alleanze come immagina il Pd di competere? Si discetta di alleanze larghe, plurali, inclusive, civiche e chi più ne ha ci metta altri aggettivi.
Ma in concreto con chi? A questa giusta, reiterata domanda il Pd potrà continuare a non dare risposta anche dentro una campagna elettorale?
O a limitarsi alla banalità che si dialoga con gli elettori ma non con chi li rappresenta? Non fu il Pd (renziano) ad abusare dell’appello al voto utile, che, nel nuovo scenario, sarebbe argomento usato contro di esso?
Elezioni a breve, quasi certamente, sortirebbero due possibili risultati: la medesima attuale maggioranza presumibilmente con un equilibrio interno rovesciato oppure la vittoria di una destra autosufficiente e un governo Salvini.
Un affare per il Pd?
Terzo. Il problema identitario non ce l’hanno solo i 5Stelle, ma anche il Pd.
Esso non può esorcizzare a lungo la questione di un chiarimento circa il proprio profilo a valle della stagione renziana. Non può reiterare l’ambiguità tra partito di centro d’impronta liberale e partito da sinistra di governo. Non può cavarsela con slogan del tipo da Tipras a Macron;
con liste raccontate come comprensive e unitarie, in realtà dal profilo politico indistinto; con una specie di Joint venture con il “partito Calenda” (icasticamente scolpita in un simbolo elettorale ove il pasticcio grafico riflette l’indeterminazione politica).
Un Calenda che comunicativamente imperversa e al quale, dopo lunga esitazione, in cambio della candidatura, si è strappato l’impegno a una innaturale iscrizione al gruppo dei Socialisti europei;
ancora un Calenda, ieri ministro di peso, che oggi si e ci racconta di essere stato spesso in dissenso dalle politiche di Renzi (?), ma che – al netto di una competizione tra loro essenzialmente riconducibile all’ego ipertrofico di entrambi – sotto il profilo politico-culturale ricalca esattamente quello di Renzi.
Il quale, forse anche per questo, al momento, non ha ancora imboccato l’altra strada (titolo eloquente del suo libro).
RENZI APPUNTO. È ancora lui il convitato di pietra. Al netto delle ipocrisie, il chiarimento identitario del Pd deve ancora fare i conti con il giudizio sul renzismo di ieri e il condizionamento del Renzi di oggi.
Problema che non si risolve con le generose quote assegnate a renziani ed ex renziani negli organigrammi e nelle liste Pd.
Sia chiaro: sempre più, analogo problema si pone per Di Maio con le sue schizofreniche oscillazioni di toni e di fasi nel rapporto con Salvini.
Se, a dispetto della dialettica pubblica, il rapporto politico tra i due si rivelasse indissolubile, il chiarimento auspicato da Cacciari (e più modestamente da me) passerebbe da una naturale divaricazione tra destra e sinistra dei 5Stelle.”
Speculare a quella di Renzi dal Pd. Due tabù oggi, ma due nodi ineludibili sui due fronti, 5Stelle e Pd, che, se sciolti, possono mettere in movimento il quadro politico italiano e non consegnare il paese a Salvini.”