di Antonio Padellaro per IlFQ, 07-06-20
LE PAROLE DEL PRESIDENTE della Repubblica sono come un faro nella notte ma ciò non toglie che tutto intorno continui a regnare il buio più pesto.
Le due pesantissime bordate (tra le tante) che abbiamo trascritto dopo il messaggio quirinalizio per la Festa della Repubblica non possono certamente sminuire il valore dell’au spicata “unità morale”della nazione. Ma certificano piuttosto la concordia impossibile della nostra politica, e tra i nostri politici.
Del resto, come sarebbe possibile “superare le divisioni”quando il confronto maggioranza-opposizione è dominato dalla strategia del discredito.
A cominciare da Giuseppe Conte la cui figura, pubblica e privata è il bersaglio quotidiano della destra mediatica (stampa, tv, social) come se invece di un premier – da contestare quanto si vuole ma pur sempre da rispettare rappresentando egli il governo del Paese – ci fosse un pupazzo da tre palle un soldo.
Non esiste nefandezza che non gli venga attribuita, nella rappresentazione di un essere sordido disposto, per sete di potere, a speculare perfino sulla salute degli italiani: “Il piano di Giuseppi: confida nel virus per rimanere in sella. E sogna il Quirinale”(“La Verità”).
Un autentico mostro a cui, sull’altro fronte, viene contrapposto un fascista e razzista imbecille, gonfio di mojito, selfie e Nutella, che convoca un assurdo assembramento di piazza senza preoccuparsi minimamente dei rischi del contagio.
Subito dopo, infatti, il “dialogo”si svolge tra chi (Bersani) parla di un centrodestra degli untori e chi (Garavaglia) dice che qualsiasi accordo tra Lega e governo presuppone l’im mediata cacciata di Conte.
Fa bene Mattarella a ricordare lo spirito unitario del ’46 perché, in quanto a concordia, lì ci siamo fermati. Dallo scontro elettorale del ’48 tra democristiani e comunisti, alle cariche della polizia di Scelba, ai mortidiReggio Emilia, ai tentati golpe De Lorenzo e Borghese, alle trame nere, al terrorismo rosso, allo stragismo mafioso, quella repubblicana (per limitarci a qualche titolo) è soprattutto una storia violenta, intrisa di sangue.
Che non si vede come possa trasformarsi d’incanto in una narrazione virtuosa di uomini che accantonate le divisioni si votano al bene comune.
Si dirà che nei momenti più terribili la pandemia sembrava avere suscitato nuove condivisioni e nuova umanità nel ritrovato spirito patriottico dei tricolori al balcone, con la gente affratellata dal sostegno reciproco del “ce la faremo”.
Purtroppo, grazie ai soliti personaggi siamo ritornati rapidamente al punto di partenza. Con una politica perfino peggiorata perché, oggi rispetto a ieri, abbiamo in più 34 mila morti e un futuro economico da incubo.
Però a molti di essi così va benone: spartirsi i dividendi elettorali del discredito reciproco e, quanto all’ “unità morale”, c h i s s e n e f re g a .
Ps. Dopo i Pappalardi arancione, ecco le squadracce nere del Circo Massimo che aggrediscono giornalisti e polizia. Si seminano focolai d’insurrezione. C’è chi non aspetta altro.