MARIA ELENA BOSCHI:
“RENZI SI È MESSO nell’ottica di aspettare. Non viviamo questa fase con risentimento, ma come un momento di preparazione”.
MATTEO RENZI:
“CHIUNQUE VINCA non tema guerriglia da parte mia”.
ANTONIO PADELLARO:
“GIÀ DA DOMANI SERA, appena il risultato delle primarie Pd sarà noto, il partito antipartito di Matteo Renzi uscirà allo scoperto.
Anzi, si è già fatto vivo con quel ghignante “non tema guerriglia” rivolto al vincitore: una promessa che è molto più di una minaccia.
Tre possibilità.
Preparare il nuovo partito renziano, con una scissione da consumare dopo l’Europee.
Con un occhio all’ipotesi, molto gettonata, di elezioni politiche anticipate nella primavera 2020.
Oppure, logorare ai fianchi la segreteria Zingaretti con lo stesso metodo che fu usato nei suoi confronti.
La “guerriglia” appunto: stillicidio di polemiche, avvelenare i pozzi e impedire al nuovo Nazareno qualsiasi decisione non concordata.
Meglio ancora: logorare Zingaretti per poi salutare e andarsene.
Nella tempestosa storia della sinistra italiana si era visto di tutto ma non un partito in ostaggio di un partito interno assai più forte.
Renzi ci sta riuscendo per realizzare il disegno già messo in atto quando l’uomo solo al comando era lui.
Rottamare l’intero Pd per costruire un nuovo contenitore.
Qualcosa di più ambiziosetto che non mandare a casa, con tutto il rispetto, un D’Alema o un Bersani. Renzi che gira l’Italia per presentare un libro che non sarà la “Recherche” ma è in testa alle classifiche della saggistica.
Renzi accolto come un messia da folle di sostenitori assetati di sangue grillino.
Renzi che occupa i talk con ascolti che il trio dell’Ave Maria, Zin-
garetti, Martina e Giachetti, si sogna.
Renzi che trasforma le disavventure giudiziarie dei genitori in un martirologio a proprio uso e consumo.
Tutti aspetti importanti ma secondari se messi a confronto con la vera potenza di fuoco su cui può contare il senatore di Scandicci: il controllo di almeno una parte dei gruppi parlamentari Pd, con un ultrà, Andrea Marcucci, come capogruppo a Palazzo Madama.
Una presenza che renderà difficile se non impossibile al Zingaretti di turno qualsiasi voto in Parlamento non gradito al reuccio di Rignano.
Basta questo per avere chiaro quale sarà il futuro immediato di un Pd, nel migliore dei casi bicefalo. Perché al Renzi risorto guardano in molti.
Dalla rete di relazioni istituzionali (renzianissimi sono Davide Ermini, vicepre- sidente del Csm, ed Ettore Rosato, vicepresidente della Camera).
Alle simpatie di cui l’ex premier gode in gruppi editoriali primari (“Repubblica”, “La Stampa” ma anche “il Corriere della Sera”), oltre alle consolidate ami- cizie televisive (Fabio Fazio).
Tutto questo per fare cosa? Dipende dagli eventi.
Disinibito e dotato di sufficiente cinismo, come chi lo ha creato, il partito renziano sembra fatto apposta per svolgere indifferentemente ruoli di lotta e di governo.
Lui, del resto, sarebbe capace perfino di un qualche appeasement con i Cinque Stelle, nel caso questi uscissero con le ossa rotta dal voto europeo.
Poi c’è lo scenario fantasy, ma non troppo, che immagina il bipolarismo dei due Mattei.
Da una parte, una maggioranza a guida Matteo Salvini.
Dall’altra, un’opposizione a guida Matteo Renzi.
I due leader alfa.
Non sembrano fatti l’uno per l’altro?”
Antonio Padellaro, Il FQ, 03-03-19