Lettere al Direttore:
RICCARDO LAGANÀ,
CONSIGLIERE RAI IN RAPPRESENTANZA DI 13 MILA DIPENDENTI
“IN RAI M5S E LEGA si spartiscono autori e conduttori. Sembra di stare al mercato. Come e peggio di prima. Senza ritegno”.
RISPONDE ANTONIO PADELLARO:
“ANCORA PIÙ DELLA RAI, dove l’attuale spartizione delle nomine è in totale coerenza con gli usi e costumi più indecenti della politica, colpisce la notizia del geriatra collocato dal governo gialloverde alla presidenza del Conservatorio Scarlatti di Palermo.
E non fa affatto ridere che nello scombiccherato curriculum il dottor Mario Barbagallo abbia citato uno zio musicista.
Oltre alla “passione per la musica classica” e all’“avere assistito a rappresentazioni musicali in molti dei più importanti teatri del mondo”.
È come se l’autore di questa rubrica si facesse forte del suo abbonamento allo stadio per pretendere la presidenza della Roma.
Che gli appetiti di Matteo Salvini si rafforzino in rapporto ai successi elettorali non può sorprendere considerata la famelica tradizione della Lega di governo.
Stupisce invece la velocità con la quale i grillini hanno accantonato la religione del merito per accomodarsi, come tutti gli altri, al tavolo Rai dove si distribuiscono stipendi e poltrone.
Secondo l’inveterato criterio dell’una a me e una a te. Eppure, quando i Cinque Stelle indicarono per il vertice di Viale Mazzini Fabrizio Salini, furono (fummo) in tanti ad apprezzare la scelta.
Uomo di prodotto, privo di etichette di partito il nuovo amministratore delegato avrebbe certamente lavorato per migliorare il servizio pubblico radiotelevisivo con scelte improntate a competenza ed esperienza.
Così pensavamo e così ha cercato di muoversi Salini fino a quando qualcosa nella catena di comando si è inceppato, probabilmente a causa dell’accresciuta invadenza del presidente sovranista (e salvinista) Marcello Foa.
Al punto, come riferiscono le cronache, che la zarina di Rai1, Teresa De Santis, ha potuto stravolgere la struttura di Unomattina (con la cacciata di autori di provata capacità) per collocarvi un tal Poletti, biografo prediletto dell’arrembante Capitano.
Con ciò “infischiandosene” (Laganà) della direttiva con cui Salini ha chiesto, correttamente, di privilegiare le risorse interne.
Insomma, i buoni propositi sbandierati da Luigi Di Maio giusto un anno fa (“cacciare raccomandati e figli di…”) sembrano evaporare a contatto con l’esercizio quotidiano del potere.
Senza contare le conseguenze della disastrosa sconfitta del 26 maggio scorso che potrebbe generare nel Movimento la sindrome del si salvi chi può.
Non vogliamo credere alla vulgata secondo cui il M5S, vista la mala parata, sarebbe disposto ad accettare i diktat salviniani pur di conservare gli attuali assetti nel governo e nel Parlamento.
Pensiamo, al contrario, che per recuperare almeno una parte del consenso perduto converrebbe ai Cinque Stelle ritornare a quello spirito originario che valorizzava il merito rispetto alle casacche, e che tante speranze aveva suscitato.
Soprattutto ora con l’ondata di nomine che stanno per ridisegnare la mappa del nuovo potere pubblico, tra banche, authority, ministeri, apparati. Evitando, se possibile, di nominare l’ex compagno di scuola o il dentista di fiducia all’Accademia dei Lincei.”