di G.Salv. per Il FQ, 31-8-19
Per Paolo Mieli non è “uno statista” perché “avrebbe dovuto sfidare Salvini a tempo debito e non a scoppio ritardato, dopo la sfiducia”.
Mentre per Antonio Padellaro “non sarà Alcide De Gasperi” ma sicuramente “ha avuto coraggio” e prima di giudicare il prossimo governo si dovrà aspettare “il suo discorso programmatico alle Camere”.
La figura del presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, divide due grandi firme del giornalismo italiano nel primo dibattito (“E adesso che succede?”) della festa del Fatto al parco della Versiliana.
Intervistati dai giornalisti del Fatto Silvia Truzzi e Fabrizio d’Esposito, per un’ora e mezza Mieli e Padellaro hanno dato vita a uno scambio – a tratti anche vivace – sulla figura dell’ex e prossimo premier e sul futuro del governo giallo-rosa in procinto di nascere.
MIELI, ex presidente di Rcs libri e oggi editorialista del Corriere della Sera, già dalle prime battute ha attaccato Conte: “La coerenza in politica è importante – ha detto – e il premier si è svegliato ‘anti-Salvini’solo quando è stato il leader della Lega a provare a cacciarlo. La prossima volta ci aspettiamo che protesti con i suoi ministri in tempo reale”.
Padellaro, fondatore e firma di punta del Fatto, non è d’accordo: “Conte si può criticare su molti aspetti, ma non è stato vile: ha mostrato coraggio nei confronti dei suoi vicepremier, basti pensare a quando Salvini ha convocato in maniera scorretta i sindacati al Viminale per parlare della manovra. È stato il primo a protestare”.
Applausi dal pubblico.
Il dibattito sulla figura del presidente del Consiglio incaricato è andato avanti ancora tra battibecchi, ironie (“il santo Conte” lo ha ribattezzato Mieli) e reazioni dal pubblico numeroso arrivato alla Versiliana per il primo dibattito. Poi la seconda parte dell’incontro si è concentrata sull’analisi della crisi politica aperta da Salvini lo scorso 8 agosto e sugli sviluppi del prossimo governo Pd-M5S.
L’ex direttore del Corserasi è subito mostrato molto critico sull’esecutivo che nascerà: “È un ribaltone, legittimo, ma così bisogna chiamarlo – ha spiegato Mieli tra il brusìo del pubblico – basato sulla paura di andare a votare di Pd e Movimento 5 Stelle. Non hanno nemmeno iniziare a parlare di programmi, se non qualche riferimento alla green economy e altre stupidaggini. Almeno M5S e Lega si capivano. Vorrei capire, per esempio, cosa succederà quando arriverà un barcone pieno di migranti: invece di 18 giorni, lo terremo in mare senza attraccare per dieci?”, ha chiesto provocatoriamente facendo riferimento alle ambiguità dei 5 Stelle sul tema dei migranti.
PADELLARO, invece, ha chiesto che non si facciano “processi alle intenzioni” e si aspetti la presentazione della squadra di governo e del programma: “La prima cartina di tornasole sarà il ministero dell’Interno e per me un nome finito nel dimenticatoio è quello di Marco Minniti”. “I prossimi ministri dovranno essere tutti nuovi rispetto al governo precedente – propone Mieli – altrimenti vorrà dire che il prossimo governo sarà solo un’operazione trasformista”.
Mieli e Padellaro però si sono trovati d’accordo su un punto, il giudizio nei confronti di Matteo Salvini:
“Non è un fascista ma un incapace perché non ha risolto il problema dell’immigrazione”.