A Barbara Berlusconi che aveva pubblicato una lettera sul FQ rivolgendosi al direttore Travaglio, risponde Antonio Padellaro:
“Gentile Barbara, nella sua lettera la parola chiave è “ipocrisia”.
Un antico flagello che nel nostro impagabile Paese ha trovato il terreno giusto per infestare con la sua utile doppiezza qualsiasi causa buona e giusta.
E se davvero al calcio è stato assegnato il compito di salvare il mondo, beh di peggio, al mondo, non poteva capitare.
Parafrasando (indegnamente) Papa Francesco che ha detto “meglio atei che cristiani ipocriti”, vorrei proporre un slogan che dovrebbe adornare i palazzi del calcio: meglio avidi che ipocriti.
Esemplare è appunto quanto sta per accadere a Jeddah, in Arabia Saudita con la disputa, il 16 gennaio, della finale della Supercoppa italiana tra Juventus e Milan.
A cui, come tutti sanno, le donne potranno assistere solo in settori familiari divise dagli uomini.
A questa discriminazione ha fatto da degno pendant un comunicato della Lega Serie A, firmato e sottoscritto dal presidente Gaetano Miccichè.
Un capolavoro di tartufaggine pallonara di cui ci duole estrapolare appena un paio di passaggi.
Il primo: “Il caso Khashoggi, avvenuto lo scorso ottobre, dunque mesi dopo la definizione dell’ accordo, ha posto la scelta dell’ Arabia Saudita sotto i riflettori e doverosamente la Lega Serie A si è interrogata su cosa fosse giusto fare”.
Fantastico.
Un giornalista viene assassinato nella sede diplomatica araba a Istanbul e il sinedrio della Serie A dopo essersi “interrogato”, chissà, sulle modalità dell’ esecuzione e se il corpo del poveretto sia stato tagliato a pezzi oppure sciolto nell’ acido, decide con innegabile pragmatismo che cosa fatta capo ha.
Essendo l’ inconveniente successivo all’ accordo definito e, probabilmente, all’ emolumento incamerato (sette milioni di euro).
Esemplare dimostrazione di altruismo e sensibilità umana che tuttavia nulla ha a che vedere con la discriminazione della donna e con la violazione dei diritti umani in quei Paesi, seccature di sicuro antecedenti alla nascita del gioco del calcio.
Ecco però che nel periodo successivo la verità vera comincia a completarsi.
“Il calcio fa parte del sistema culturale ed economico italiano e non può avere logiche, soprattutto nelle relazioni internazionali, diverse da quelle del Paese a cui appartiene” (mah).
E ancora: “L’ Arabia Saudita è il maggior partner commerciale italiano nell’ area mediorientale grazie a decine di importanti aziende italiane che esportano e operano in loco”, ecc ecc.
Il Miccichè pensiero non fa una grinza: tagliare a pezzi o sciogliere nell’ acido i giornalisti non si fa, ed è innegabile che le donne laggiù non sono trattate benissimo; ma chi siamo noi per interferire nelle “relazioni internazionali dell’ Italia”, e per rifiutare un assegno piuttosto cicciotto?
Insomma, business is business: applicato ai diritti delle donne un ragionamento da voltastomaco che ha il pregio della sincerità.
E che rende non più tollerabili le pagliacciate “in difesa della donna” a cui frequentemente assistiamo: il segno di rossetto sulle guance di giocatori e allenatori che sfilano in tv, o gli striscioni con frasi edificanti sbandierati in campo nella disattenzione generale.
No, gentile Barbara, al calcio non viene chiesto di salvare il mondo ma gli incassi sì.
E quindi mi permetto di proporre a lei, a Cristiana Capotondi da poco vicepresidente della Lega Pro, al ct della nazionale femminile Milena Bertolini e a tutte le donne che vivono questo sport con passione e impegno, di condividere una piccola variante nelle sacrosante manifestazioni a sostegno della dignità femminile.
Che la prossima volta siano i presidenti a sfilare davanti alle telecamere con il segno di rossetto sulla guancia.
E sia una bella “€”. Come euro.”
Antonio Padellaro
E innescata la miccia interviene anche il “Faina” contro Barbara chiamandola “velina ingrata”…ed è subito CANIZZA!
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