di Antonio Padellaro per Il FQ, 15-05-20
Soggetto per un film dal titolo: “Due donne”.
Una ragazza (che chiameremo Silvia), giunta in Africa per aiutare i bambini più sfortunati e sequestrata da malvagi terroristi islamici, dopo un calvario lungo diciotto mesi, tra sofferenze indicibili e la paura costante di essere uccisa viene liberata e riportata in Italia.
Dove può finalmente riabbracciare i familiari, pronta ad assaporare il dolce gusto della libertà.
Ma subito viene travolta da una campagna terrificante di odio.
Un giornale la paragona a una kapò che reduce dai lager si ripresenta con la divisa delle SS. Nei talk televisivi le si urla contro di tutto. Il web trabocca di insulti e minacce. In Parlamento c’è chi la definisce “neo terrorista”.
Per sfuggire alla gogna si chiude in casa dove però gli odiatori la raggiungono lanciando cocci di vetro contro le finestre.
La sua colpa: essersi convertita all’Islam ed essere riapparsa non con i jeans, ma con il velo.
Un giorno, dopo aver letto il titolo: “Torna dai tuoi amici tagliagole” la vediamo ripartire per l’Africa, questa volta per sempre.
Ed eccola Silvia che dopo aver attraversato a piedi la giungla e il deserto, stremata dalla sete e dalla fatica si riconsegna ai suoi carcerieri.
Ora sa che perfino una raffica di kalashnikov in un lontano villaggio è preferibile ai boia del tuo Paese che ti mangiano il cuore.
Seconda parte: un ministro (che chiameremo Teresa) si commuove durante la conferenza stampa parlando dei braccianti che saranno regolarizzati per sottrarli allo sfruttamento del caporalato.
Subito la si accusa di aver promosso una sanatoria di massa degli immigrati che “adesso torneranno a invadere l’Italia”.
Memore del trattamento subito dalla sua ex collega Elsa Fornero, anche lei colta dall’emozione e per anni assediata sotto casa dalle brigate Salvini, Teresa decide di ritornare a lavorare nelle campagne da cui proviene.