da Lettere al Direttore, Il FQ, 11-8-19
WILLIAM BUTLER YEATS
LA STORIA di una nazione non è nei parlamenti né sui campi di battaglia, ma in ciò che la gente si dice nei giorni di fiera e nei giorni di festa, e nel modo in cui lavora i campi, e bisticcia e va in pellegrinaggio.
ANTONO PADELLARO
DUBITO CHE MATTEO SALVINI abbia mai letto Yeats ma lo spirito animale che lo guida (calma, non è un’offesa ma segno di vitalità) ha certamente attinto al linguaggio della cosiddetta gente comune “nei giorni di fiera o quando bisticcia”.
Il che va benone quando si arringano le folle in spiaggia, ma forse qualche problema lo potrebbe creare se e quando al posto della braghetta si dovrà indossare la grisaglia del premier poiché ovviamente palazzo Chigi non è il Papeete Beach.
Una luce straordinaria sulla tempra politica di Capitan Fracassa si ricava dalla ricostruzione, di primissima mano, dei suoi trafelati colloqui con Giuseppe Conte, pubblicata ieri sul “Fatto”, a firma Salvatore Cannavò.
Una specie di massacro intellettuale che vede il giurista Conte infierire sullo studente somaro che nulla sa di regole parlamentari, di trattati europei e di procedure d’infrazione (“Guarda che quelli ti massacrano”).
E infatti ecco il nuovo uomo della Provvidenza che subisce il liscio e busso con le orecchie basse, consapevole di aver bigiato la scuola, assente al Viminale, assente a Strasburgo, assente a Bruxelles e in ogni sede istituzionale.
Dove avrebbe potuto almeno imparare a far di conto, magari con l’ausilio di un vecchio pallottoliere, sullo spread che sale ogni volta che apre bocca.
Davvero a questo Lucignolo perdigiorno gli italiani hanno deciso di affidare i loro destini (e risparmi)? A uno che fa perfino tenerezza quando scimmiotta il Duce con una frase di tragica comicità: “Chiedo agli italiani, se ne hanno voglia, di darmi pieni poteri per fare quello che abbiamo promesso di fare”.
Abbiamo definito le elezioni uno strumento di igiene politica. Ma anche di igiene mentale.