intervista a cura di S. Cannavò per Il FQ, 29-6-19
“Marco Minniti di migranti e Ong se ne intende. È stato il primo a regolamentare l’intervento delle organizzazioni non governative nel Mediterraneo, cosa che ha creato una polemica anche vivace. Oggi sulla questione Sea Watch propone una linea molto diversa da quella del governo che accusa di non voler risolvere i problemi ma solo di lucrare consensi.
Come finirà o come dovrebbe finire?
Siamo di fronte a quella che tecnicamente si chiama una emergenza umanitaria. Di fronte a una emergenza è compito di un governo farla cessare e quindi far scendere i migranti. L’imperativo non può essere in alcun modo collegato ad altri fattori.
Quali fattori?
Non si può aspettare che l’Europa se ne faccia carico o che ci sia un’indagine giudiziaria che, mi pare, è comunque già avviata. Si è fatta diventare emergenza qualcosa che non lo era perché nel Mediterraneo e in Italia non c’è nessuna emergenza. Non siamo sottoposti a una drammatica invasione. L’arrivo di 42 migranti si risolve in cinque minuti. Tra l’altro il drammatico braccio di ferro ha portato a un evidente paradosso: ci sono migranti che arrivano a bordo di una Ong che non possono sbarcare, mentre a Lampedusa arrivano barche direttamente con gli scafisti, tramite le navi madre.
La narrazione intorno alla Sea Watch parla invece di un pericolo per i nostri confini.
In realtà le migrazioni non possono essere cancellate. Se qualcuno lo promette fa una promessa infondata. Quello che si può fare è governare i flussi migratori, cioè sconfiggere i trafficanti di esseri umani e sforzarsi di costruire canali legali: corridoi umanitari e quote di accesso. Se prendiamo in mano questa partita sarà possibile prosciugare il brodo di coltura del nazional-populismo.
Come avrebbe risolto il caso della Sea Watch?
Lo avrei risolto 15 giorni fa quando si è posto. Anzi, non si sarebbe nemmeno posto perché noi avevamo redatto un codice di condotta delle Ong che è stato firmato anche dalla Sea Watch, dimostrando che era possibile governare i flussi migratori senza restringere gli spazi delle Ong e senza far venire meno né il ruolo della Ue né il protagonismo prestigioso della Guardia costiera italiana.
Anche lei ebbe critiche
Ma fino a maggio dello scorso anno operava nel Mediterraneo un sistema di ricerca e salvataggio coordinato dalla Guardia Costiera e di cui faceva parte il sistema delle Ong. La missione Themis di Frontex e la missione Sofia dell’Unione europea. Quel dispositivo aveva ridotto gli arrivi del 78% in generale e dell’84% dalla Libia. Un sistema di Stati, Ue e Ong, permetteva di gestire la situazione tenendo insieme due principi: sicurezza e umanità.
E oggi?
Tutto questo non c’è più e per far capire quanto sia grande il paradosso in cui siamo, basti pensare che una missione navale, Sofia, è stata prorogata dalla Ue senza…navi in mare.
Che differenza c’è tra lei e Salvini?
Mi sembra che ora non ci sia un disegno. Noi l’avevamo. Si può discutere, ma si trattava di un disegno con un progetto politico. Non si può affrontare tutto facendo la faccia feroce: verso le Ong o verso la Ue. La faccia feroce può servire per conquistare consensi, non risolve i problemi concreti. E rischia di farti perdere l’anima. Una democrazia non può essere tenuta permanentemente sull’orlo di una crisi di nervi.
Salvini invece chiede di fare arresti .
Un ministro dell’Interno non richiede arresti. Non può farlo. Ha un altro compito: coordina l’attività delle forze di polizia che fanno le informative per l’autorità giudiziaria, deputata a decidere su questo. Si tratta del cuore della democrazia, la separazione del potere esecutivo dal potere giudiziario è un elemento essenziale.
Perché questa enfasi sulle Ong?
Perché occorre trovare sempre un nemico. Per un’aggregazione nazional-populista non c’è nulla di meglio che contrastare un’organizzazione non governativa e di dimensione internazionale, in più con una dimensione umanitaria. È quanto di più diverso da un’organizzazione nazionalista.”
Cosa propone alla sinistra di cui fa parte?
Il Pd non sembra muoversi a suo agio. Un grande partito dovrebbe avere nel suo Dna il principio di difendere e realizzare i diritti delle minoranze. Ma per farlo, deve parlare alla maggioranza del Paese. Non esiste un partito minoritario che può difendere i diritti delle minoranze. Se devo ridurla a poche “parole chiave” parlerei di: libertà, umanità, sicurezza. I nazional-populisti raccontano che le tre cose non possono essere tenute insieme, anzi le contrappongono e chiedono di scegliere tra esse. La sinistra riformista ha il compito storico di tenere insieme queste tre parole. Su questo si vince o si perde la battaglia del consenso.”