da Online di Enrico Mentana
«I Minibot o sono moneta, e allora sono illegali, oppure sono debito, e allora il debito pubblico sale. Non vedo una terza possibilità».
Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha liquidato così il paventato ritorno dei cosiddetti “mattoni dell’Italexit“.
L’idea di introdurre i Minibot è del deputato leghista Claudio Borghi, proprio dopo le elezioni europee che hanno visto trionfare la Lega. Con un peso elettorale maggiore, i rappresentanti del Carroccio hanno rilanciato il progetto dei Minibot già contenuto nel loro programma elettorale, scatenando però le reazioni critiche di prestigiosi economisti italiani ed europei.
Oltre a Mario Draghi, anche il ministro del Tesoro Giovanni Tria ha bocciato l’idea che i Minibot possano essere una reale alternativa all’economia interna davanti alla platea internazionale del G20 a Fukuoka .
E la panchina degli oppositori ha visto sedersi anche Ignazio Visco del direttorio di Bankitalia, Moody’s che ha definito i Minibot «il primo passo per introdurre una moneta alternativa e preparare l’uscita dall’area Euro dell’Italia», il presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria, Alessio Rossi, che li ha paragonati «ai soldi del Monopoli» e il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che li considera «uno strumento di debito, meglio non incrementarlo».
Cosa sono i Minibot?
Quella dei Minibot è una delle clausole presenti non solo nel programma elettorale di Salvini Premier, ma anche un punto scritto nero su bianco nel Contratto di governo sottoscritto dalla Lega con il M5s.
- sono dei buoni ordinari del tesoro di piccolo taglio che servono, come i normali Bot, a pagare i debiti che la pubblica amministrazione ha contratto con gli imprenditori che avevano deciso di investire nei titoli di Stato;
- a differenza dei Bot, che hanno un valore minimo di 1.000 euro (e che hanno a che fare anche con creditori più grandi), questi avrebbero dei tagli molto più ridotti (tra i 5, 10, 20, 50 e 100 euro);
- non garantiscono interessi ai possessori e non hanno una scadenza
- in caso di attivazione sarebbero cartacei e non digitali come gli attuali titoli di stato
- non sarebbero obbligatori, quindi lo Stato non sarebbe costretto a emetterli periodicamente come accade con i Bot (grazie anche questa clausola, il loro inventore ha potuto rivendicare la legalità dell’idea).
A cosa servono
Ufficialmente, lo spunto è arrivato da una mozione votata all’unanimità dalla Camera lo scorso martedì 28 maggio. Tutti i partiti presenti in aula, compresi il PD e +Europa, si sono espressi a favore di un provvedimento che consentirebbe alla pubblica amministrazione di pagare i debiti accumulati con le imprese attraverso i Minibot.
Certo, una mozione non è vincolante. E il Mef ha sottolineato che la misura è tutt’altro che necessaria. «Non c’è», hanno detto dal ministero dell’Economia, «nessuna necessità, né sono allo studio misure di finanziamento di alcun tipo, tanto meno emissioni di titoli di Stato di piccolo taglio, per far fronte a presunti ritardi dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni italiane».
Fatto sta che l’approvazione bipartisan ha fatto discutere parecchio, tanto da spingere i deputati dem e quelli di +Europa a fare un immediato passo indietro.
Si tratterebbe di un modalità di pagamento del debito che le pubbliche amministrazioni hanno nei confronti delle imprese fornitrici, che potrebbero così ricevere «una boccata d’ossigeno finanziaria», soprattutto quelle in difficoltà, e rientrare dei loro crediti non con moneta avente corso legale ma attraverso dei titoli di stato.
L’idea di Claudio Borghi
L’ideatore dei Minibot è il leghista Claudio Borghi, attuale presidente della Commissione Bilancio della Camera, che già nel 2017 ne aveva parlato come «lo strumento da usare per prepararsi a un’ipotetica uscita ordinata dall’euro muovendosi nel perimetro delle regole comunitarie».
Nelle intenzioni di Claudio Borghi, il saldo di parte dei debiti della pubblica amministrazione attraverso i Minibot dovrebbe garantire un’impennata della domanda interna perchè i «mini» titoli di Stato potrebbero essere spesi per l’acquisto di beni e servizi.
Come funzionano: perché i Minibot non sono una moneta
Molto semplicemente perché, come ha sentenziato Draghi, creare una moneta alternativa è illegale. La posizione di alcuni, però, è che i Minibot avrebbero a tutti gli effetti l’aspetto di una valuta alternativa all’Euro.
Una specie di gioco economico valido solo in Italia che formalmente funzionerebbe proprio come una moneta: si baserebbe, cioè, sulla creazione del debito e del credito.
Tra l’altro, lo stesso Borghi aveva già provveduto a creare dei bozzetti nel 2017, in collaborazione con il vignettista Carlo Botta. Il che vuol dire che questi minibot avrebbero, oltre a un funzionamento formale, anche una natura materiale. Non essendo però moneta reale, c’è da chiedersi in cosa si differenzierebbero dalle «banconote del monopoli» (Giancarlo Giorgetti dixit).
Perché sono stati (e sono tutt’ora) considerati il preambolo all’Italiexit
La questione più evidente è che questa non-valuta sarebbe spendibile solamente all’interno del perimetro italiano e in relazione ai bene e servizi relativi alla pubblica amministrazione. Il che vuol dire che, ad esempio, quelle non-banconote di piccolo taglio non potrebbero essere spese su Amazon, ma per pagare le tasse, i biglietti del treno e la benzina.
Su un piano attualmente meno esplicito, dati i cambiamenti più recenti in casa Lega, va comunque considerato che l’idea ha preso il via da un partito che tradizionalmente aspira a uscire fuori dall’Europa.
Secondo molti tra quelli che si sono espressi in questi giorni, questo ritorno in auge dei Minibot farebbe supporre che quella scintilla di indipendentismo propria della Lega continua a bruciare nei cuori dei suoi deputati. D’altronde, lo stesso Borghi ha sempre ribadito che l’unica strategia vincente per uscire dall’Europa è farlo secondo le regole che questa impone.
Da non perdere, da scompiscio l’esilarante video che percula il PD che ha votato i Minibot una settimana fa: