“Adesso il Movimento ci ascolti, senza etichettarci come dissidenti”.
Il grido di Riccardo Ricciardi, deputato 5 Stelle al primo mandato a Montecitorio, è un allarme per il Movimento: cambiare rotta, così non va.
Anche perché i malumori nei gruppi parlamentari aumentano, complici la gestione del caso Diciotti e l’immi nen te voto in aula sulla legge leghista sulla legittima difesa.
QUANTO AL PRIMO, Ricciardi si è battuto in favore dell’autorizzazione a procedere.
Sul secondo si vedrà, ma ieri la 5 Stelle Gloria Vizzini ha annunciato sul Fatto la possibilità che una decina di parlamentari grillini escano dall’Aula al momento del voto.
Non proprio un segnale di compattezza.
Due giorni fa poi, alla riunione dei gruppi, Paola Taverna si è rivolta ai “duri e puri” del Movimento apostrofandoli come “talebani”, posizione che ha esasperato animi già nervosi.
Come quello di Ricciardi: “Io ho partecipato a tutte le assemblee del Movimento e quasi sempre sono anche intervenuto, ma ieri dopo le parole di Di Maio che ha parlato di dare un’organizzazione verticale al Movimento me ne sono andato”.
A influire sul malumore, di certo, anche le settimane di tira e molla sulla Diciotti, che alla fine hanno scontentato molti: “Il gruppo parlamentare più o meno rispecchia la distribuzione degli elettori. Se il 40 per cento degli attivisti ha votato per l’autorizzazione non credo che qua la percentuale di favorevoli sia inferiore.
Non so se si tradurrà in una rottura, però abbiamo votato una cosa molto pesante per il dna del Movimento e tra noi c’è stato molto disorientamento anche solo per la scelta di aprire la consultazione online”.
Ricciardi parla di “frustra – zione”, di un punto di non ritorno, di “un solco netto rispetto al passato” che il voto di lunedì ha segnato nel percorso del Movimento. Ponendo adesso un ulteriore dilemma ai senatori: chi, come Ricciardi, ha fatto campagna per l’autorizzazione, in Aula dovrà attenersi alla volontà popolare?
“Se bisogna seguire il mandato della rete – contesta il deputato – sarebbe meglio fornire alla rete gli strumenti adatti per esprimersi. E in questo caso non è stato così, visto che per altro il quesito era pieno di imprecisioni. Se fossi al Senato qualche dubbio lo avrei: d’altra parte, il contratto di governo dice che non ci devono essere ministri inquisiti per reati gravi”.
All’orizzonte c’è poi la bega della legittima difesa, bandiera salviniana per eccellenza.
E se per Ricciardi “normativamente cambia poco”, perché “è impossibile, Costituzione alla mano, pensare che in Italia si dia il diritto di uccidere sempre”, a preoccupare parecchi 5 Stelle c’è fatto che ancora una volta il Movimento finirà schiacciato dalla retorica leghista, mentre la discussione interna viene azzerata.
IL RISCHIO, o la beffa, finale è passare per ribelli: “Sono disposto a cercare l’unità, ma non devo essere solo io, devono essere tutti a volerla e a non bollare come dissidenti coloro i quali hanno un punto di vista diverso: se siamo visti come quelli che remano contro, è difficile trovare coesione”.
Come dire: caro Di Maio, attento a non perderci.