a cura di Lorenzo Giarelli per Il FQ, 29-01-20
ANTONIO PADELLARO
Ora un “congresso” anche duro, ma l’unico leader resta Di Maio
Il Movimento deve prendere atto:
1) Che le divisioni di cui ha parlato Max Bugani al Fatto sono impossibili da occultare dietro finte facciate unitarie.
2) Che a questo punto gli Stati generali di marzo devono assumere le sembianze di un congresso, dove le varie correnti si possono eventualmente contare evitando di trasformare un confronto indispensabile, anche duro, in una parata dell’ipocrisia.
3) Tra le ipotesi di Bugani mi sembra che manchi il cuore del problema: se e a quali condizioni il M5S debba restare al governo con il Pd. Ciò non significa andare a sinistra o negare l’autonomia grillina, ma piuttosto contribuire alle riforme necessarie del buongoverno: scuola, sanità, fisco. E quindi tornare alla origini come forza popolare attenta ai bisogni della classi disagiate.
4) Il solo leader in grado di realizzare questa visione resta Luigi Di Maio. Il suo discorso di congedo, imperniato su Alleanza atlantica, Europa, euro e con il forte apprezzamento istituzionale per Mattarella e Conte sembra cucito per ricandidarlo alla testa dei 5 Stelle.
NADIA URBINATI
Hanno ancora un ruolo di peso, ma accettino di essere un partito
I 5Stelle dovrebbero cogliere l’occasione degli Stati generali per porsi una domanda. Non tanto: “Da che parte vogliamo stare?” o “Con chi ci vogliamo alleare?”. Piuttosto, bisognerebbe chiedersi quale parte di cittadinanza possono ancora ambire a rappresentare e perché una fascia di popolazione dovrebbe dar loro fiducia. La risposta più immediata è pensare a un Sud che ancora non ha altra rappresentanza e che non la potrà mai trovare nella Lega.
I 5 Stelle hanno ancora un ruolo importantissimo da svolgere, fatto di critica alle disuguaglianze e di una politica che rappresenti chi è subalterno, chi non è considerato, chi rimane fuori. Di certo una forza che si riconosce in questi valori lo fa più da sinistra che da destra. Anche a costo di perdere qualcuno per strada: ogni forma di ri-costituzione mette dei paletti e dunque stabilisce chi sta dentro e chi sta fuori, ma in questo i 5 Stelle devono accettare l’idea di essere un partito e di dover rispondere a una parte precisa del Paese.
CHIARA SARACENO
L’equidistanza non funziona più se stai al governo: ora scelgano
È inutile che i 5 Stelle continuino a sostenere di non essere né di destra, né di sinistra, al di là del fatto che questi termini possano avere significati diversi rispetto a un tempo. Rimango esterrefatta quando sento che le alleanze non contano e contano solo i temi, perché mi sembra che invece i fatti dicano il contrario e se ne sono accorti in molti anche dentro al M5S.
Ora devono scegliere da che parte stare, per quanto sia dolorosissimo per loro: restare nell’equidi – stanza non giova. L’idea dei “duri e puri” che devono restare da soli ha funzionato all’inizio, ma per chi gestisce il governo è pura fantasia. Io preferirei si riconducessero al centrosinistra, ma bisogna fare attenzione quando si parla di “riformismo”, perché ormai tutti utilizzano questa parola con accezioni molto diverse: non credo, ad esempio, che i 5 Stelle intendano il riformismo di Renzi e Calenda.
Agli Stati generali dovrebbero fare la scelta di campo mettendo in chiaro una scelta che avrebbero dovuto fare da tempo. Questo ritardo è la causa dei parecchi malumori interni recenti.
PIERO IGNAZI
M5S alla frutta: se non esplode subito, finisce con la legislatura
Temo che ormai il Movimento 5 Stelle sia arrivato alla frutta: oggi in politica si consuma tutto rapidamente e così credo sia successo per il ciclo dei grillini. Non hanno più niente da dire perché il tema dell’antipolitica non può essere rispolverato da chi ormai è al governo. Certamente Matteo Salvini ne accoglierebbe qualcuno a braccia aperte, ma per il futuro dei Cinque Stelle vedo sostanzialmente due ipotesi.
La prima è un Big Bang, dunque una esplosione per cui nel giro di poco ognuno andrà per i fatti suoi o si creeranno piccole componenti. La seconda è un “serrate le file” f ino al termine della legislatura, con piccole emorragie come quelle già avvenute in Parlamento.
Non vedo classiche scissioni assimilabili a quelle di Renzi e Bersani nel Pd. Oltretutto, nessuno ha il carisma, l’esperienza e lo spessore per prendere il posto di Grillo, che pure quest’estate era tornato in primo piano, ma che non credo abbia voglia di riprendere la guida del Movimento che ha fondato.
ALDO GIANNULI
È ora di ricominciare da zero, ma all’interno del centrosinistra
Il Movimento 5 Stelle ha sofferto molto la perdita di Gianroberto Casaleggio, uno che era in grado di capire in tempo le dinamiche negative e aggiustarle in corsa, cosa che non è nelle corde di Luigi Di Maio.
Al loro posto ricomincerei da zero, ripensando all’esperienza di questi anni, facendo autocritica e rifondando, magari persino con una nuova sigla. Non lo si fa in dieci giorni, ma gli Stati generali possono avviare un processo con l’orizzonte delle prossime Regionali.
Lì il M5S può correre da solo, condannandosi a prendere botte; può non presentarsi, col rischio che l’elettore si abitui a non trovarti sulla scheda; o può decidere per la cosa più seria, ovvero un’alleanza col Pd che tenti di piazzare qualche candidato presidente decente.
Quanto alla “nuova cosa”, parlare di destra e sinistra non deve essere inteso come schieramento politico, ma come insieme di valori. E in questo i 5 Stelle sono sempre stati di sinistra, dunque manterrei questa natura, dandomi però una organizzazione meno cialtronistica e adatta al nuovo contesto politico.
GIANFRANCO PASQUINO
Devono restare col Pd, sapendo che non potranno avere tutto
Gli Stati generali sono una ottima occasione, una novità da sfruttare al meglio perché finalmente ci sarà un confronto vero. Certamente la scelta migliore per i 5Stelle sarebbe posizionarsi nell’ambito del centrosinistra, all’interno del quale dovrebbero segnare la loro specificità senza porre ultimatum. Non si può avere tutto: deve rimanere uno spazio di contrattazione.
Ma se vogliono attuare le loro riforme, il centrosinistra è il loro spazio, o dovrebbero forse andare a destra con il sovranismo di Salvini e con Forza Italia, che è messa pure molto peggio di loro? Se poi invece a qualcuno fa piacere continuare a dire che il Movimento non dev’essere né di destra né di sinistra allora va bene, ma è una stupidata.
L’ideale, d’ora in avanti, sarebbe mantenere dentro anche chi non è d’accordo, superando la logica delle espulsioni. Se qualcuno dovesse andarsene per conto suo credo si condannerebbe all’irrilevanza, indebolendo anche il Movimento.