di Stefano Feltri per Il FQ, 01-05-19
“Buone notizie sulla crescita, ma da maneggiare con prudenza: il dato preliminare dell’Istat sul primo trimestre 2019 indica una crescita dello 0,2 per cento.
Questo significa che l’Italia è fuori dalla recessione (due trimestri di crescita negativa), come già alcuni dati parziali nelle scorse settimane avevano lasciato intendere.
Lo stimolo alla crescita arriva dalle esportazioni, mentre la situazione nazionale resta critica: la domanda interna, incluse le scorte, continua a spingere il Pil al ribasso, anche se i consumi e gli investimenti sono in leggera ripresa.
La produzione industriale è in ripresa, l’indice di riferimento è tornato ai livelli di agosto 2018, ma “ il rimbalzo è probabilmente dovuto alla necessità di ricostituire le scorte dopo che si erano significative ridotte nella seconda metà dell’anno per effetto dell’incertezza”, osserva Loredana Maria Federico di Unicredit.
Tra giugno e dicembre 2018 prima l’incertezza politica sul governo, poi le tensioni finanziarie sui mercati nella fase della legge di Bilancio hanno avuto un impatto sia sulle decisioni delle imprese che sui costi di finanziamento.
E sempre secondo Unicredit la ripresa de ll ’export, in un contesto di domanda mondiale debole, potrebbe essere dovuta soltanto all’aumento delle scorte in Gran Bretagna, dove le imprese si stanno preparando al caos, più che a un miglioramento delle prospettive.
A temperare l’ottimismo c’è poi sempre il confronto con il resto della zona euro: nel primo trimestre la crescita è stata sopra le attese, +0,4 per cento.
E questo conferma che, purtroppo, l’Italia quando cresce, cresce meno degli altri e quando recede, recede più rapidamente.
Le reazioni della politica, e del governo, si concentrano però soprattutto sui dati (provvisori) dell’Istat sul mercato del lavoro a marzo: la stima degli occupati è in crescita rispetto a febbraio (+0,3%, pari a +60 mila unità).
Esulta soprattutto il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio: “Possiamo festeggiare il Primo Maggio con un dato positivo”.
Secondo il governo, l’Istat conferma che la stretta sui contratti a tempo determinato del decreto Dignità ha prodotto i risultati sperati: a marzo, rispetto a febbraio, aumentano i dipendenti con contratti stabili (+44 mila), salgono gli indipendenti (+14 mila), mentre risultano stabili i dipendenti a termine.
Gli scettici in questi mesi hanno sempre ricordato che nel fare il bilancio del decreto Dignità bisogna considerare il boom dei contratti a tempo determinato tra 2015 e 2016 che, presto o tardi, avrebbero dovuto imporre alle imprese la scelta se confermare dipendenti già collaudati o lasciarli a casa.
Di sicuro, almeno per un giorno, il governo trova spunti di ottimismo nei dati sull’economia dopo un semestre quasi tutto negativo.”