Bella intervista di Alessandro De Angelis per Huffington Post.
Dalla vicepresidenza del Csm a candidato governatore del centrosinistra alle prossime regionali del 10 febbraio in Abruzzo. Questa è la prima intervista politica di Giovanni Legnini, dopo gli anni dell’impegno istituzionale.
Giovanni Legnini, perché ha deciso di candidarsi a presidente della Regione Abruzzo?
Perché me lo hanno chiesto tantissimi cittadini, la maggioranza dei sindaci abruzzesi di ogni estrazione, che con il loro nome e cognome e controvento politico hanno inteso rivolgermi un appello pubblico. Sarebbe stato molto più difficile dire di no e restare immobile di fronte alla deriva politica in atto nel Paese. È questo il momento degli atti di generosità e coraggio da parte di tutti. E quindi ho detto Sì.
Come ci si sente a passare dalle ovattate stanze del Csm alla pugna politica?
L’esperienza al Csm è stata per me tutt’altro che “ovattata”. È stata appassionante, molto impegnativa, con momenti difficili e delicati. Un’attività densissima di risultati che ho vissuto coltivando i valori dell’indipendenza e la funzione della garanzia istituzionale. La passione politica non è in contraddizione con l’attitudine a servire le istituzioni.
Il momento più difficile di questi anni?
I momenti più difficili sono quelli su cui ho tenuto e terrò sempre il riserbo.
Adesso il ritorno alla pugna. Presentando la sua candidatura ha detto che manterrà lo spirito istituzionale. Che significa?
Significa che dirò la verità, che metterò gli interessi delle istituzioni e dei cittadini, i valori democratici al di sopra di quelli di parte. Significa anche che assumo l’impegno ad essere il garante di tutti coloro che compongono la coalizione e domani dell’intero Consiglio regionale .
Parte dal 15 per cento del Pd alle politiche.
Per la verità meno, il 14% al Pd e poco più del 17% al centrosinistra, un dato inferiore a quello nazionale, già molto negativo. Il progetto politico che ho promosso però non solo va molto oltre i recinti del centrosinistra, ma presenta caratteri del tutto nuovi. Oltre i partiti e anche oltre il civismo.
Oltre i partiti e oltre il civismo, che significa?
Tre nuove liste da me promosse, altre quattro civiche promosse anche da forze politiche diverse dal Pd e poi appunto il Pd. Un’alleanza tra progressisti, cattolici, liberali, movimenti civici e cittadini, alcuni provenienti anche da esperienze di centrodestra. Otto liste con pari dignità e io ne garantisco la guida e la coesione.
Il grande ritorno della cosiddetta società civile. Non riesco a capire se sia più un segnale di crisi dei partiti o l’inizio di un progetto nuovo.
È un progetto politico nuovo ed è il segno che cambiare si può. Agli inizi di novembre, di fronte alle fortissime sollecitazioni a me rivolte e alla sofferenza che vivevo nel fare la mia scelta, formulai un appello pubblico alla società civile: candidatevi con me. E formulai il motto “mi candido se tu ti candidi”.
In tanti hanno risposto, 232 candidati in otto liste, con molte giovani, donne e persone portatrici di molteplici esperienze e competenze. In tanti non si erano mai candidati a nulla. Disponibilità che mi hanno commosso e mi danno forza.
È un po’ lo stesso modello di Chiamparino. Il futuro è il civismo?
Ho letto l’intervista del presidente Chiamparino, che condivido. C’è un filo comune anche se sono situazioni diverse perché in Piemonte si voterà a maggio. Diciamo così: iniziamo noi e mi auguro che il laboratorio abruzzese abbia successo.
Perché questa scelta di impostare una campagna elettorale senza simboli di partito?
Per tutte le ragioni che ho già detto e perché ho chiesto ai partiti di non essere più il baricentro della coalizione, di esserne parte ma facendo un passo di lato.
Insomma, vuole comunicare che il Pd ha imparato la lezione e che ora il rapporto con i “cittadini” è ribaltato?
Questo bisogna chiederlo al Pd, non ho più la tessera da quando fui eletto al Csm.
Non ha la tessera?
No, e non mi sono reiscritto anche per le ragioni che le ho detto.
Parliamoci chiaro, Legnini. Al fondo di questo ragionamento c’è la consapevolezza che il Pd non tira più. È solo un problema di simbolo o è l’intero progetto da ripensare? Un grande partito, a vocazione maggioritaria, non ha bisogno di allearsi col civismo perché quel civismo lo già rappresenta al suo interno.
Non dico nulla di nuovo se sottolineo che si è molto attenuato il rapporto tra il Pd e anche altre forze politiche e le domande di cambiamento e partecipazione che provengono dalla società.
D’altra parte, il civismo è sempre stato un fenomeno positivo, ma da solo rischia di non farcela. Ecco perché ho promosso un’alleanza paritaria tra i partiti di centrosinistra e il civismo, la società civile, donne e uomini di varia estrazione, alcuni anche di centrodestra.
Ci si mette anche lei a dire che i partiti non servono più?
Non lo penso affatto. Anzi, i partiti hanno una funzione decisiva in una democrazia rappresentativa e liberale, ma devono recuperare il senso e la forza che proviene dai principi scolpiti nell’articolo 49 della Costituzione.
In questa fase occorre seguire vie nuove, un’alleanza con pari dignità tra partiti e il civismo, con un leader che li unisce e che si fa garante della voglia di partecipazione di cittadini che non appartengono ai partiti.
Risposta quasi istituzionale…. Da vicepresidente del Csm. Parliamo della crisi del Pd.
C’è un congresso in itinere che dovrà rispondere a questa domanda.
Questa è la sua prima intervista politica dopo i suoi anni al Csm. Nel frattempo è cambiato il mondo. È stato un errore favorire la nascita di questo governo?
Ero tra coloro che, seppur riservatamente, perché all’epoca non partecipavo al dibattito politico, sperava che fosse possibile individuare un modo per far nascere in Parlamento un Governo del M5S, che aveva ottenuto la maggioranza relativa dei consensi, senza con ciò sancire un’alleanza organica e senza esprimere ministri del Pd.
La storia è andata come sappiamo e sono, come tanti, molto preoccupato per le sorti del nostro Paese.
So che il tema dell’alleanza con l’M5s non si pone in questa fase. Però le chiedo: M5s e Lega sono due facce della stessa medaglia o, se preferisce, dello stesso populismo?
La cronaca quotidiana ci dice che sono divisi su tutto o quasi. Spero che a farne le spese non sia il Paese ma se continuerà così. Il rischio che ciò accada è concreto.
Anche dal mio attuale punto di osservazione, faccio fatica a comprendere come possano continuare a stare insieme al governo e combattersi sui territori. Anche per questo, si comprende sempre di più il disorientamento dei loro elettori.
Ricapitolando. Una nuova coalizione, e non più Pd-centrica, un passo indietro dei partiti, una federatore mite. Il suo risultato sarà una indicazione nazionale?
Non ho velleità in tal senso ma se il progetto politico che ho promosso avrà successo, ciò sarà un segnale non secondario che oltrepasserà i confini regionali.
La percentuale di voti a cui punta la nuova coalizione è almeno doppia di quella conseguita dal centrosinistra il 4 marzo. Non sarà facile ma ogni giorno che passa penso si accrescano le possibilità di farcela.
Chi sosterrà al Congresso del Pd: Zingaretti o Martina?
Mi sono imposto di rimanere fuori dal dibattito congressuale che si sovrappone alla nostra campagna elettorale. Stimo e sono amico sia di Nicola che di Maurizio.
Mi auguro che possano insieme e con molti altri ridare forza al Pd e rimetterlo in sintonia con la società. Ne ha bisogno la democrazia e il Paese.
Torniamo in Abruzzo. Mi dia un giudizio sui suoi avversari.
Non intendo darli anche perché il senatore Marco Marsilio l’ho visto solo tre volte. È nato a Roma ed è cresciuto anche politicamente nella destra romana. Facile intuire che non ho avuto né frequentazioni ne occasioni di confronto.
Sara Marcozzi, la candidata grillina, era una praticante del suo studio legale. Un po’ una sua allieva…
Preferisco non dare giudizi su di lei come persona, è una donna nei confronti della quale non dirò mai una parola non positiva anche in virtù dell’esperienza cui lei si riferisce.
Un giudizio politico però si può dare.
Reputo candidatura e lista del tutto inadeguati a governare una Regione molto difficile e con moltissimi problemi da affrontare e risolvere, a partire da due ricostruzioni post sisma, da un’autostrada che richiede miliardi di euro di investimenti in sicurezza e con tariffe che non possono più aumentare, con il sito industriale più inquinato d’Europa.
Ma anche con tantissime emergenze industriali ed ambientali positive che richiedono una guida salda e consapevole.
A proposito, lei ha chiuso il suo studio di avvocato quando è diventato presidente del Csm. L’ha riaperto?
No. E difficilmente lo farò, perché penso sia più probabile che i cittadini mi eleggeranno loro Presidente. In ogni caso, se dovessi tornare ad esercitare la professione di avvocato, che amo, non lo farei in Abruzzo in virtù dei molteplici ruoli istituzionali che ho rivestito, che mi impongono rispetto e distacco professionale dai magistrati e dagli avvocati abruzzesi.
Odio i conflitti di interesse o simili. Adoro l’indipendenza e le pari opportunità.
Ho notato che lei non si è candidato nelle liste, dunque se arriverà terzo non entrerà in Consiglio. La Marcozzi sì. È un segnale di ottimismo oppure non ha voglia di stare in consiglio regionale a fare opposizione. Dopo il Csm, è poco stimolante….
Il motivo è un altro: non voglio un paracadute se non sarò eletto Presidente. Non mi interessa occupare un posto da consigliere regionale ma far uscire la mia bellissima Regione da difficoltà gravissime e puntare a farle giocare un ruolo importante in Italia e in Europa.
La prima cosa che farà da presidente della Regione.
Lo deciderò a risultato acquisito. Di sicuro dai primi giorni mi recherò nei luoghi della Brigata Maiella, lì dove un gruppo di giovani abruzzesi diede avvio alla resistenza italiana, come ha autorevolmente ricordato il presidente Mattarella lo scorso 25 aprile partecipando alla festa della liberazione a Taranta Peligna e Casoli in Abruzzo.
Se invece dovesse perdere?
Mi sono candidato per vincere.