Chiedeva pieni poteri, ma adesso striscia in ginocchio ai piedi di Di Maio implorandolo e offrendogli qualsiasi cosa pur di ottenere perdono e salvare la poltrona.
La parabola del kamikaze Salvini – campione mondiale di harakiri – è ridicola, grottesca e a tratti patetica.
Anche nel lessico: “Il mio telefono è sempre acceso, Luigi (Di Maio) ha lavorato bene” dice il Chiacchierone, come un amante disperato che spera di tornare con l’amata che prima snobbava in un delirio di mediocre onnipotenza.
Anche fisicamente: da giorni Salvini è barricato nel suo ufficio al Viminale, dove in un anno di governo non è mai andato. Ora che il governo è caduto, il Chiaccherone ha piantato le tende al ministero.
Pensateci, la scena ha una sua potenza tragicomica: Salvini che si chiude al Viminale mane e sera sembra il bambino che a tempo scaduto tiene per sé il pallone pur di non far giocare gli altri.
Fa tenerezza più che rabbia. Salvate il soldato Salvini, lo stiamo perdendo. Carità cristiana lo impone, il povero Matteo ha già perso la lucidità, non vorrei che peggiorasse.