di un articolo di W. Marra per Il FQ, 25-6-19
“Se c’è una cosa sicura è che i renziani (divisi tra lottiani, giachettiani, fedelissimi e orfani del capo) hanno tutto da perdere ad andare a votare, magari a settembre. Perché nelle liste di Nicola Zingaretti sarebbero decimati.
Così, i sospetti di intelligenza con il nemico si sprecano. Negli ultimi mesi, sono stati sospettati di tutto: dal voler fare la stampella occulta a una destra a trazione salviniana a cercare un abboccamento con i Cinque Stelle.
QUESTA ultima opzione negli ultimi giorni si è consolidata. Almeno a livello di tentativo. Perché adesso (Antonello Giacomelli docet), l’argomentazione di fondo è che non si può rischiare di consegnare il Paese a Matteo Salvini. Che l’operazione possa concretizzarsi davvero, è molto difficile.
Ma nel frattempo, ci sono una serie di movimenti parlamentari incongrui e sospetti. L’ultimo è stato sabato a Montecitorio, quando al voto di fiducia sul dl Crescita i dem presenti erano solo 29 su 111.
Assenze composite e variegate, da Maria Elena Boschi a Paolo Gentiloni, passando per Luciano Nobili, Matteo Orfini e Paolo Siani.
Anche se fossero stati presenti in blocco, non avrebbero cambiato il corso delle cose.
Ma Nicola Zingaretti ha chiesto conto a Graziano Delrio, il capogruppo, che se n’è assunto tutta la responsabilità.
Erano le 20 di venerdì sera e probabilmente più che altro ha giocato la voglia di non esserci. Però, anche questo racconta di una situazione slabbrata e confusa, con un gruppo diviso tra correnti e le correnti divise al loro interno.
Le spaccature dentro Base Riformista (che fa capo a Luca Lotti, al mediatore Lorenzo Guerini e a Giacomelli) sono l’ultima goccia che contribuisce ad aumentare il caos: ognuno pensa per sé, l’opposizione sembra essere l’ultimo dei problemi.
Nel capitolo “strani pasticci”c’è il voto positivo a una mozione sui debiti della Pa che diceva sì pure all’introduzione dei minibot (iniziativa del leghista, Claudio Borghi).
IL PD SI È RESO conto della gaffe (se ne è assunta la responsabilità la renziana, anzi boschiana, Silvia Fregolent). E a spiegare i fatti è stato Luigi Marattin (anche lui, renzianissimo): ogni gruppo ha inviato un proprio rappresentante per “trattare” la predisposizione di un testo condiviso.
M5S e Lega hanno posto come condizione per una mozione unitaria l’inserimento di 10 parole, che menzionano la possibilità di introdurre i “mini-bot”. Il tutto era all’interno di un ragionamento complessivo di 4 pagine, considerato condivisibile.
Marattin ci ha tenuto a specificare che una mozione non ha valore vincolante.
Altra contraddizione in termini: allora, non era vincolante neanche la parte sui debiti della Pa su cui si è cercata una mediazione.
E poi c’è la questione salario minimo: i renziani sono andati vicini a votare la proposta Laus, che ricalcava praticamente quella dei Cinque Stelle.
Anzi, era ancora più estrema: in quel disegno di legge i 9 euro all’ora erano netti, anziché lordi. Poi è intervenuta la mediazione di Tommaso Nannicini e il testo è cambiato.”