di Ludovica Ridolfi per Il FQ, 26-05-19
Molti “pentiti”, tutti volti noti: l’esodo dei personaggi famosi dal Movimento 5 Stelle ha cause diverse, ma tutte collegate alla loro salita all’arrivo al governo e all’alleanza con la Lega di Matteo Salvini.
I giornali hanno fatto a gara a riportare il pentimento degli ex simpatizzanti grillini famosi: se l’attore Michele Riondino biasima l’operato dei pentastellati perché “l’Ilva è ancora lì, e noi continuiamo a morire di acciaio”, la cantante Fiorella Mannoia sostiene di essere delusa perché “hanno aiutato i fascioleghisti a salire al governo”;
Sabrina Ferilli ha invece detto addio al Movimento ritenendosi “offesa e delusa” da Virginia Raggi, dopo che la sindaca di Roma ha deciso di impedire le proiezioni dei ragazzi del Cinema America a Trastevere.
Insomma, se il sentimento di amarezza è diffuso, ognuno ritiene di avere le sue buone ragioni: lo storico ed editorialista di punta del Corsera Ernesto Galli della Loggia è tra i più lapidari: al Fatto spiega che l’esperienza del M5S al governo è un “fallimento”dovuto all’“assoluta impreparazione della sua classe dirigente e la mancanza di un’adeguata cultura per la maggior parte dei parlamentari”, da cui deriverebbe “la loro incapacità di orientarsi nel vasto mondo delle idee e dei fatti”.
Con una postilla finale: “Non è che gli altri partiti siano meglio, intendiamoci…”.
LO SCRITTORE ambientalista Jacopo Fo, figlio del premio Nobel, più che deluso si ritiene invece “confuso”: “Non capisco molte delle cose che hanno fatto, come ad esempio il salvataggio a Salvini sul caso Diciotti ”.
Esempi virtuosi rimangono, come “il ministro della Salute Giulia Grillo che è riuscita a far risparmiare 2 miliardi di euro per la sanità, migliorando la somministrazione dei farmaci”, ma queste “punte di genialità”non bastano, e “nella sinistra, in generale, la situazione è altrettanto drammatica”.
Per questo Fo non ripone le sue speranze nella politica istituzionale, quanto “nelle associazioni e nei gruppi che localmente riescono a realizzare cose straordinarie, senza curarsi delle bandiere”.
Tra i più ottimisti c’è il sociologo Domenico De Masi, tra i teorici del Reddito di cittadinanza più vicini al Movimento, che, al contrario di quanto sintetizzato dai giornali, al Fatto dice di “non sentirsi affatto deluso dai 5Stelle: “In un solo anno hanno fatto il decreto dignità, il reddito di cittadinanza e hanno proposto il progetto di legge per il salario minimo.
Cose così di sinistra non si facevano da vent’anni”. Lo studioso ripone speranza nella creazione di un partito di sinistra forte e compatto, inesistente al momento ma realizzabile se “il Pd riuscisse a depurarsi dalle componenti renziane e calendiane, che sono notoriamente neoliberisti”, e parallelamente se il Movimento, composto da “una consistente fazione di persone che condividono le battaglie di sinistra”, si liberasse delle frange leghiste.
ANCHE perché “il Movimento è stata l’unica vera opposizione a Salvini, a livello parlamentare.
Il Pd non è stato altrettanto efficace”.
De Masi conclude con una critica alla categoria degli intellettuali italiani: “Sarebbe ora che scendessero in campo con delle idee politiche solide, e fresche. Prima di arrivare al cambiamento politico occorre un cambiamento culturale. La responsabilità è anche loro”