di Luca De Carolis per Il FQ, 24-11-19
Il capo politico che però non è il numero uno ascolta e talvolta interviene, con l’aria stanca di chi ha dormito poco. Invece il Garante, che quando vuole dice ancora l’ultima parola, gesticola e parla senza fermarsi, tonico, perché il padrone di casa è lui.
È Beppe Grillo che di sabato mattina convoca Luigi Di Maio nel suo solito albergo sui Fori a Roma, costringendolo a precipitarsi dalla Sicilia come un dipendente richiamato in ditta.
È il volto e marchio del Movimento che per due ore alterna bastone e carota, tiratine d’orecchie e consigli. E alla fine dà a Di Maio quello che il capo sperava, cioè un salvacondotto dai tantissimi che vorrebbero deporlo, ma pure paletti e consegne.
IN SOLDONI , il capo politico resta Di Maio, “lui è il referente e non rompete i coglioni, altrimenti ci rimettiamo tutti” come riassume poi Grillo in un video a due in cui il ministro si sforza di sorridere. Però poi c’è il dazio da pagare: “Il capo politico è lui e io gli starò un po’ più vicino”.
E se non è un commissariamento è la promessa di un maggiore controllo, fatta a big e parlamentari in rivolta. Soprattutto c’è la rotta, perché Grillo indica di nuovo la strada al M5S, e porta tutta a sinistra, la direzione opposta a quella naturale per Di Maio.
Tanto che si potrebbe perfino riaprire la partita dell’Emilia Romagna, con i 5Stelle che potrebbero sostenere il governatore dem Stefano Bonaccini. Un’ipotesi, a fronte delle parole certe e rumorose del Garante: “Quando parlo di progetti insieme con la sinistra parlo di progetti alti, bellissimi. Sui trasporti, su come costruire le cose, su cosa è la città, è un momento magico”. Il ministro ascolta e quasi non sa dove guardare.
Ma la sostanza è chiara: ai parlamentari, che se lo scrivono nelle chat (“Avete visto quante volte Beppe ha detto la parola sinistra?”) e a Di Maio.
A cui Grillo lo dice fuori telecamera: “Luigi, non devi più criticare così questo governo, dobbiamo portare avanti il lavoro con il Pd”. Al fondatore hanno raccontato che Di Maio aveva la tentazione di far saltare tutto e andare alle urne.
Ma Grillo non vuole la fine di ciò che ha costruito in estate. “Abbiamo un’ottima legge finanziaria, dobbiamo raccontarlo in giro invece di parlare delle nostre beghe interne” ha detto ad alcuni maggiorenti.
E (in sostanza) è quanto ripete a Di Maio. Per questo in una nota congiunta annunciano la proposta “di un contratto di governo a partire da gennaio” ai dem, con dentro temi dal clima al salario minimo, fino all’energia e alle infrastrutture.
E il contratto che il ministro invoca da tempo diventa un impegno per legarlo al Pd, un vincolo per il capo davanti a cui Grillo s’infervora: “Non possiamo essere gli stessi, pensare come eravamo”.Ergo, avere nostalgia del passato “è sbagliato, e io sono euforico, dobbiamo essere euforici, c’è da riprogettare”.
E nel mezzo Di Maio insiste: “C’è grande nostalgia del passato”.
Non a caso, perché con Grillo parlano anche di quella segreteria politica invocata dai maggiorenti. Il fondatore però non è convinto, mentre per Di Maio sarebbe una resa. Infatti fa muro: “Beppe, la segreteria è una cosa da vecchia politica, da vecchi partiti”. E Grillo annuisce: “Hai ragione, ma un capo ci vuole”. È convinto, raccontano, che Di Maio sia “un ragazzo che ha tutti contro” e che per questo vada sostenuto.
Quindi avanti con lui e la sua riorganizzazione: “I facilitatori sono una buona idea”. Poi però il fondatore accenna alla costituzione di un “meet up nazionale”, e molti lo leggono come un riferimento agli Stati generali, a quella sorta di congresso rifondativo che il capo politico ora non vorrebbe più fare a marzo, rinviando tutto. Ma i big del caminetto, tutti, lo pretendono: e Grillo lo sa.
SE NE DISCUTERÀ , però ora la priorità sono le Regionali. “Avete scelto questa votazione, in Emilia-Romagna ci andiamo per beneficenza – scherza il fondatore nel video – Come dai un euro a uno, non puoi dare un piccolo voto anche a noi per beneficenza?”.
Ma la questione è più complessa. Lo stesso Grillo, raccontano, è dell’idea che il Movimento debba fare “delle proposte” a Bonaccini sui temi, dialogare.
Certo, nelle scorse ore ha chiesto ai suoi quale sia il possibile candidato del M5S in Regione. Ed è consapevole che per un sì all’accordo con i dem bisogna ripassare dalla piattaforma Rousseau.
E comunque Di Maio resiste, e in serata ridice no: “Massimo dialogo sui temi, ma per le elezioni guardiamo alle forze civiche e non ai partiti”.
Su questo non c’è chiarezza e intesa con Grillo, che ieri sera si è presentato all’ambasciata cinese con un barattolo di pesto. Di Maio invece è tornato in Sicilia, annunciando per il 15 dicembre il varo del “team del futuro”, che dovrà affiancarlo sui temi.
Da capo, salvato.