di Luca De Carolis per Il FQ, 27-8-19
E ora il primo nodo è il ruolo di Luigi Di Maio.
Il capo dei Cinque Stelle ci sarà nel nuovo governo, ma è sulla sua pedina che balla la scacchiera di Pd e Movimento. Perché Di Maio vorrebbe tenersi il ruolo di vicepremier e prendersi il Viminale. Tanto, troppo per il Pd, che non vorrebbe ripetere la formula dei due vice del presidente del Consiglio, anche perché Nicola Zingaretti non vuole saperne di prendersi quel ruolo e, in generale, di entrare nel governo.
Piuttosto, pretende il ministero dell’Interno per il Pd, perché lo sforzo di deglutire nel contempo Conte e lo stesso Di Maio a suo dire va risarcito. Tanto più che un bel pezzo del Pd per quel ruolo immagina un esterno di peso, il capo della Polizia Franco Gabrielli. E anche l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti è ancora in corsa. In questo quadro il leader del Movimento potrebbe ripiegare su un altro ruolo, con preferenza per la Difesa. Terza, e ultima scelta, il Lavoro. Ma sulla strada verso un nuovo governo ci sono altri nodi.
PERCHÉ I DEM vogliono l’Economia (tra i nomi in ballo l’ex sottosegretario Tommaso Nannicini), dove invece i 5Stelle preferirebbero tenere Giovanni Tria.
E ieri sera il Pd haprovato a rimettere in gioco anche la Giustizia, ministero che Di Maio vuole per Alfonso Bonafede, blindato assieme all’altro pretoriano Riccardo Fraccaro (che vorrebbe rimanere ai Rapporti con il Parlamento).
Va deciso cosa fare dello Sviluppo, uno dei due ministeri di Di Maio: se ne parla per la vicesegretaria dem Paola De Micheli, mentre il suo omologo Andrea Orlando potrebbe sostituire Giorgetti come uomo macchina a Chigi.
Per i Trasporti, invece, come sostituto di Toninelli è favorito un altro grillino, il capogruppo in Senato Stefano Patuanelli. Come ministri certi per il Pd è accreditato anche qualche renziano: Ettore Rosato, ad esempio, Lorenzo Guerini e persino il capogruppo in Senato Andrea Marcucci. Infine, il commissario europeo.
È un altro di ruolo di peso che il Pd esige in cambio del sì a Conte.
E i due nomi in prima fila sono l’ex premier Paolo Gentiloni, contrario fino al l’ultimo all’intesa con i 5Stelle, e l’eurodeputato Roberto Gualtieri, che Matteo Renzi aveva proposto addirittura per il Mef.