PETER GOMEZ Un promemoria (da ridere) sulle tante cose non fatte C hi vuole battere Matteo Salvini deve ricordare che fin qui il ministro dell’Interno ha avuto due grandi alleati involontari e un solo pericoloso nemico: se stesso.
Per mesi e mesi a rinforzare Salvini e a farlo crescere nei sondaggi ci hanno pensato molti suoi avversari e quella parte di stampa a lui dichiaratamente ostile.
Per loro è stato controproducente trattare il vicepremier come una sorta di novello Mussolini, pericoloso per la democrazia, invece che limitarsi a criticarlo, sbeffeggiarlo e attaccarlo per le singole iniziative sbagliate o contraddittorie prese, o per le tante cose che ha promesso di fare, ma non ha finora fatto.
Per Salvini è, per esempio, devastante ricordare come finora abbia chiuso un unico nuovo accordo per il rimpatrio degli immigrati irregolari. O come oggi sostenga che in Italia ve ne siano solo 90mila, quando nel contratto di governo scriveva che sono almeno mezzo milione.
Attaccarlo per i suoi continui ammiccamenti con esponenti della destra neofascista è senz’altro giusto perché un ministro dell’Interno giura fedeltà alla Costituzione.
Ma se invece lo si definisce fascista, cadendo in un vecchio vizio della sinistra, si ottiene solo i risultato di coprirsi di ridicolo agli occhi dei suoi tanti elettori.
Perché Salvini non ha intenzione di abolire la libertà di stampa, di parola e di voto. Per battere il leader della Lega è insomma più intelligente e furbo usare l’arma dei fatti e dell’ironia.
Non per nulla sono risultati straordinariamente efficaci i video selfie girati con lui da ragazzi e ragazze che gli chiedevano notizie dei 49 milioni di euro scomparsi, gli ricordavano le passate frasi sui “terroni” o si lanciavano in effusioni lesbiche.
Perché come tutti i politici Salvini è solo pro-tempore al potere e come tutti i politici prima poi sarà sepolto da una grassa risate.
ANTONIO PADELLARO Il metodo Crozza e lo spillo per bucare il palloncino Matteo Salvini si sgonfia con il metodo Crozza: non insultandolo o chiamandolo fascista, che lui ci gode un mondo, non censurando un libro, che lui ci sguazza. Ma raffigurandolo per quello che è, con la perfidia della satira. Salvini sul balcone che si pavoneggia.
Salvini che chi di selfie colpisce di selfie perisce. Salvini che manda “bacioni” con la faccia di chi vorrebbe mordere. Il metodo Crozza è la tv che colonizza la Rete raccontando un Capitano da ridere.
Ma il metodo Crozza non fa sconti. Colpisce Giuseppe Conte, fatuo e vanesio, che si crede il presidente del Consiglio. Massacra Giggino Di Maio, che dal balcone festeggia la sconfitta della povertà agitando una penosa coppetta.
È la satira, bellezza, la stessa che trasformò Il grande dittatore di Charlie Chaplin in una macchietta che si baloccava con un pallone, che era il mondo. Forse, per il palloncino Salvini basterà uno spillo.
DANIELA RANIERI Peggio di un Tanko in garage: sembrava Goebbels, era Pierino P resto si scoprirà che la gloriosa e temibile comunicazione di Salvini capace di oscurare quelle di avversari e contraenti di governo (invero non troppo acute) è l’esatto corrispettivo propagandistico dei Tanko, i carri armati che in realtà erano trattori con cui i secessionisti veneti volevano occupare piazza San Marco.
Tutta la strategia salviniana si basa su una manciata di semplici trovate ripetute all’infinito:
pierinismo istituzionale (sfregiare ciò che è sacro per la Repubblica, essere politicamente scorretto,
assentarsi dalle sedi in cui sarebbe opportuna la sua presenza);
riedizione sovranista del celodurismo (travestirsi da guardia, minacciare ruspe, fare la voce grossa con qualche decina di persone inermi a mollo su una barca);
tentativo di creazione di un culto della sua personalità mediante occupazione dei social, dove rende pubblici pure i suoi pasti;
ostentazione di un lato sentimentale per creare un cortocircuito emotivo.
Personaggi del genere hanno calcato spesso la scena politica nel corso dei secoli.
Il modo più efficace di neutralizzarli è l’ironia (non fa già ridere uno che si è dato quattro cariche istituzionali e non ne sa gestire bene neanche una?).
Le accuse di fascismo o criptofascismo non solo non lo scalfiscono, ma rafforzano il suo schema e i suoi illusionismi. Infatti quelle le cavalca, sbeffeggiandole (e citando vieppiù Mussolini a caso), mentre davanti a dei ragazzini geniali che gli sabotano i selfie ritorcendogli contro le sue stesse tecniche è costretto a chiamare la Digos e a chiedere, inutilmente, di cancellare i video in cui appare deriso, smontato come un Tanko nel suo povero garage.
Un giorno scopriremo non solo che l’immigrazione, il suo ubi consistam elettorale, non era un’emergenza, ma anche che quello che credevamo Goebbels è invece Alvaro Vitali.