di Peter Gomez per Il FQ, 23-8-19
Non abbiamo la minima idea su come finirà la trattativa tra M5S e Pd per la formazione di un eventuale governo. Una cosa però la sappiamo già. Se l’esecutivo vedrà la luce, c’è un luogo del potere da cui ogni politico dotato di intelletto cercherà di tenersi alla larga: il Viminale. Diventare ministro dell’Interno dopo Matteo Salvini è oggi un’impresa da far tremare i polsi a tutti.
Non, intendiamoci, perché sia particolarmente difficile reggere quel dicastero. È molto più complicato occuparsi di economia, lavoro, scuola, Pubblica amministrazione e sanità. Grazie all’abilità dei vari capi della Polizia e dei funzionari che si sono succeduti nel corso degli anni, il Viminale funziona quasi come un orologio svizzero.
Salvini poteva fare il ministro al moijto dalla spiaggia del Papeete perché a Roma c’era chi vigilava sulla sicurezza degli italiani al posto suo. Ma se la macchina va avanti da sola, la differenza in termini di popolarità e consenso elettorale la fanno i proclami; il braccio di ferro con le Ong; i porti a parole chiusi, ma in realtà aperti a ogni barchino di disperati che riesca ad attraversare da solo il Mediterraneo; il continuo sottolineare che gli immigrati irregolari in termini percentuali commettono molti più reati rispetto agli italiani (anche perché essendo irregolari hanno ben poche possibilità di trovare un lavoro in un Paese in cui già il lavoro scarseggia, ndr).
È EVIDENTE che il prossimo ministro dell’Interno di tutto questo, in un ipotetico governo rosso-giallo, non dovrà e potrà parlare. A ogni nuovo sbarco o delitto verrà anzi cannoneggiato dalla destra, mentre a sinistra gli spareranno contro tutte le volte che tenterà di far applicare la legge.
Non i famosi decreti Sicurezza di cui il Pd pretende ora la cancellazione, ma persino le vecchie norme volute da Marco Minniti, che a ben vedere non sono mai state a fondo utilizzate. Per rendersene conto basta osservare cosa dicono oggi ingiustamente di Minniti buona parte del suo stesso partito e tutti i possibili alleati a sinistra.
In un esecutivo che, alla luce dei risultati delle Europee, nasce estremamente impopolare, il successore di Salvini sarà il più impopolare tra i ministri. Per mesi e mesi i confronti tra il vecchio e il nuovo inquilino del Viminale nei bar, sui social e nei talk televisivi saranno continui. E in larga maggioranza saranno a sfavore del nuovo arrivato.
Certo, col tempo, se sarà abile e serio riuscirà a farsi valere. Sull’immigrazione, per esempio, ci sono tante cose da fare che non sono mai state fatte. A partire dagli accordi con molti Paesi stranieri per rimpatriare chi non ha diritto a restare, passando per i corridoi umanitari che diano ai veri profughi la possibilità di venire e gli interventi per fermare lo scempio del caporalato nei campi del sud e del nord Italia. Ma l’elenco è molto più lungo.
ORA SOLO UN UOMO o una donna dotati di carattere d’acciaio e impermeabili alle lusinghe del consenso popolare possono essere disposti a imbarcarsi in una situazione del genere.
Non i nostri politici che, salvo rare eccezioni, non guardano alle prossime generazioni, ma solo alle prossime elezioni. Per questo prevediamo che, davanti all’offerta del Viminale da parte di un eventuale nuovo premier, assisteremo a un fuggi fuggi generale. Dicono che quella sia la seconda poltrona più importante del governo.
Ma dopo Salvini è diventata quella giusta per farsi per primi impallinare.