“L’idea di un governo istituzionale, di transizione, di un governo del presidente, chiamatelo come volete, è un tragico errore. E bene ha fatto, con coraggio, Nicola Zingaretti a opporsi con forza.
Dopo esserci fatti carico di una manovra economica pesantissima, che avrebbe come obiettivo quello di porre rimedio ai guai provocati dal governo gialloverde, torneremmo comunque al voto nel giro di poco.
Con la certezza di vedere decuplicato il rischio della deriva plebiscitaria di Salvini», dice Goffredo Bettini.
Nel corso di questa intervista, uno degli artefici delle più importanti trasformazioni del centrosinistra degli ultimi venticinque anni — a Roma e non solo — parla esplicitamente di «un governo politico di legislatura» sostenuto da una maggioranza composta da Partito democratico e Movimento Cinque Stelle.
«È un tentativo difficilissimo ma vale la pena di provarci. Salvini non lo contrasti né con gli insulti né con le polemiche sulla moto d’acqua o sulle sue mutande, né tantomeno con un governicchio che gli darebbe l’arma, fasulla ma efficace, di sostenere che stiamo facendo un golpe per evitare il voto democratico. Soltanto un accordo di legislatura, basato su una profonda riflessione politica, può consentire al Pd e al M5S di rispondere alla rivoluzione conservatrice lanciata dal leader della Lega».
Bettini, la proposta di Renzi non le è piaciuta?
«Non è mia intenzione fare polemica con Renzi. Penso che la strada che si deciderà di percorrere, qualunque essa sia, non possa che passare attraverso l’unità di tutto il Partito democratico. Ma, ripeto, secondo me il governo istituzionale è una risposta sbagliata. Salvini ha in testa un modello di società. Per noi è un modello aberrante ma ce l’ha. E non lo fermi certo con un’ammucchiata dal profilo confuso e debole».
La strada del governo politico di legislatura, fondato sull’accordo tra Pd e M5S, secondo lei è percorribile?
«È un tentativo difficilissimo ma dobbiamo provarci. La bonifica del terreno sul quale si sono gonfiate le vele del sovranismo passa attraverso questo sforzo. Certo, prima vanno create le condizioni, che impongono un confronto senza sconti sul passato e sui programmi futuri, soprattutto tra noi e i Cinque Stelle».
Che cosa intende per «senza sconti»?
«Si deve convenire su una scelta europeista netta. Per cambiare l’Europa, certo; ma assumendola come il nostro orizzonte futuro. Occorre abbandonare la strada dell’antipolitica sulla quale non si governa e non si costruisce nulla. E poi bisogna passare dall’assistenzialismo a una visione dello sviluppo innovativa e verde, fondata sul sapere, la scienza, la scuola, la ricerca. Una visione che combatta le tremende ingiustizie che si sono prodotte in Italia».
Un patto del genere può essere siglato con Di Maio?
«Il Pd si è rinnovato con un congresso democratico. Abbiamo da fare ancora tanto per essere all’altezza delle sfide che ci aspettano. Ma anche le altre forze che dovranno concorrere a un governo tutto inedito, come quello di cui parliamo, dovranno mettersi in discussione».
Scusi, Bettini. Ma chi, tra i Cinque Stelle, potrebbe garantire il Pd sulla durata dell’accordo fino a fine legislatura?
«In politica non ti puoi mai fidare al cento per cento di nessuno. Spetta alla tua intelligenza, forza e capacità di influenza mantenere i processi sui binari giusti. Il M5S è composito, fluttuante, contiene istanze diverse. È stato cannibalizzato dalla Lega. Noi dovremo rispettarlo, facendo emergere gli elementi positivi che ha introdotto nel dibattito pubblico italiano, ottenendo un largo consenso. Occorre suscitare una “rivoluzione della speranza”, uguale e contraria a quella oscurantista di Salvini. Dobbiamo volgere al positivo le paure, le incertezze e il desiderio di sicurezza degli italiani. Sentimenti che ci sono e che non devono essere abbandonati alla nuova destra che sta crescendo».
L’identikit del possibile premier di un governo di legislatura Pd-M5S?
«Indubbiamente una figura politica, non un tecnico. Di prestigio nazionale e internazionale, certo. Ma di sicuro un politico».
Se questa impresa non riuscisse?
«Allora sarebbe meglio tornare al voto il prima possibile. E poi, mi scusi se glielo ripeto, ma è per essere chiari: per imboccare un sentiero di questo tipo è indispensabile che il Pd sia unito. Senza l’unità del Pd, come ha ricordato il segretario nazionale, si torna al voto subito»