Di Luca De Carolis per Il FQ, 13-9-19
Adesso no. Ora è “troppo presto” per un accordo locale con il PD, anzi è “assolutamente prematuro parlarne”, spiegano fonti di governo del M5S, nel giorno in cui su Repubblica il ministro dei Beni culturali e capo delegazione dem, Dario Franceschini, invoca intese per le Regionali. Partendo già dall’Umbria, dove si voterà il 27 ottobre.
“È difficile ma dobbiamo provarci, per battere questa destra ne vale la pena”, assicura Franceschini.
E il segretario Nicola Zingaretti, in un gioco di gerarchie invertite (o disvelate), va subito a sostegno: “L’idea di Franceschini è corretta, perché non provare anche nelle Regioni ad aprire un processo per rinnovare e cambiare?”.
MA DAL MOVIMENTO, dopo giorni di silenzio ufficiale e contatti ufficiosi, sbarrano la porta. “Il tema delle alleanze non è all’ordine del giorno – giurano le consuete fonti – dunque non c’è in ballo alcuna possibile intesa con il Pd in vista delle prossime elezioni regionali: le priorità del Movimento sono altre”.
E quel “non è all’ordine del giorno” fa capire che il no è dritto, ma per il presente.
Per il futuro a medio termine, cioè per la Calabria e soprattutto l’Emilia Romagna, dove si voterà in gennaio, si valuterà se e come realizzare accordi.
Opzioni comunque complicate, quasi eretiche per il M5S. Perché per abbracciare i dem bisognerebbe abbattere uno degli ultimi dogmi rimasti, il divieto di alleanze elettorali con i partiti. E ora non si può fare un salto del genere.
Innanzitutto perché i dem si sono mossi con troppo rumore.
“L’intervista di Franceschini è stata improvvida”, riassume un big del Movimento, che pure è favorevole alla trattativa. E poi lo scorso luglio il M5S ha varato una nuova norma in base a cui su proposta del capo politico, cioè di Luigi Di Maio, è possibile “sperimentare” alleanze con liste civiche.
Tradotto, accordi sì, ma con liste senza simboli di partito, composte di veri rappresentanti della cosiddetta società civile e non di politici “mascherati”. Un perimetro che non si può violare un pugno di settimane dopo il voto degli iscritti sulla piattaforma web Rousseau.
Peraltro con un governo che deve ancora partire e prendere completa forma, ed è un punto decisivo.
“Bisogna prima aspettare che l’esecutivo parta e vedere se i dem saranno collaborativi e aperti
ai nostri temi” confermano dal Movimento.
MA IN UNA GIUNGLA di paletti e dubbi la certezza è che qualcosa si è già mosso. Proprio Franceschini, il motore del Pd in Parlamento ha avuto contatti con Di Maio sul tema alleanze. Soprattutto, i due si sono ripromessi di vedersi per parlarne nei prossimi giorni.
E il pensiero di entrambi sarà già al vero cuore del problema, cioè alle Regionali in Emilia-Romagna, la roccaforte rossa che Matteo Salvini vuole prendersi per mandare in crisi idem e magari destabilizzare l’intero governo.
Però c’è tempo, ora “è tutto prematuro” ripetono varie voci dal M5S.
Così su Affaritaliani.it fa muro anche un dimaiano doc come Manlio Di Stefano: “Un’alleanza con il Pd? Non è prevista dal nostro statuto e non c’è nessuna volontà di farla”.
E d’altronde sul Fatto ieri Roberto Fico, il presidente della Camera che ha fatto da mastice al governo giallorosso, era stato secco: “Lo Statuto prevede alleanze con liste civiche”.
Così è, per adesso.
Per il futuro chissà.
Perché anche parlare di un governo tra Movimento e Pd pareva uno scherzo: e invece non c’era nulla da ridere.