da Online di Enrico Mentana
Uno è stato accoltellato da una baby gang in pieno centro a Napoli e ha rischiato di morire. L’altro avrebbe potuto far parte di quella baby gang o essere già un boss di spicco della Camorra, ma ha scelto una strada diversa da quella del padre.
Arturo Puoti e Antonio Piccirillo hanno due storie diverse, ma sono scesi in piazza come testimoni di uno stesso desiderio: disarmare Napoli e permettere ai suoi cittadini di vivere serenamente, senza l’incubo di restare a terra, vittime del fuoco incrociato dei clan di camorra.
I due ragazzi hanno partecipato al sit-in di solidarietà e protesta organizzato dopo la sparatoria in pieno giorno del 3 maggio, in cui una bambina di 4 anni – Noemi – è rimasta gravemente ferita.
Uno dei proiettili sparati ad altezza d’uomo e indirizzati a un pregiudicato le ha attraversato i polmoni. Ora Noemi è in coma farmacologico e attaccata a un macchinario che le permette di respirare.
«So quello che provano i genitori e quello che in futuro potrebbe provare la bambina, per questo ha tutta la mia solidarietà», dice Arturo Puoti, «è incredibile che a Napoli ci sia ancora una situazione del genere. Servono misure straordinarie, dall’alto e dal basso. A Noemi dico: “Vai forte sorellina, che ce la fai”»
Duro anche Antonio Piccirillo, che rivolge un appello ai figli dei boss, come lui: «Sono il figlio di Rosario Piccirillo, che è un camorrista, ha fatto scelte sbagliate nella vita. Io voglio lanciare un messaggio a noi figli di queste persone: “Amate sempre i vostri padri, ma dissociatevi dai loro stili di vita, perché non pagano. Sarete pregiudicati per tutta la vita e se noi figli non faremo passi avanti, resteremo fossilizzati in questa cultura priva di etica. La Camorra ha sempre fatto schifo. I camorristi non rispettano nessuno».