Era l’anno dei Mondiali del 1954, quando scoprii Ferenc Puskás, il campione dell’Ungheria, sconfitta in finale dalla Germania Ovest. Mi affascinava l’epopea dell’Ungheria, medaglia d’oro alle Olimpiadi, e trovai ingiusta la vittoria della Germania Ovest.
Perché poi Germania Ovest e non Germania, mi chiedevo.
Mi informai e conobbi l’esistenza dei blocchi Est-Ovest, che non andavano troppo d’accordo tra loro e nemmeno al loro interno, come si dimostrò in occasione della rivolta in Ungheria del 1956 repressa nel sangue.
Ascoltavo le notizie dall’Ungheria alla radio, in casa dei nonni, e ricordo ancora la sensazione di sconforto, di delusione per la sorte della bella Ungheria del mio idolo Puskás, che lasciò la sua terra per la Spagna
Ne dedussi che forse in quell’Ungheria che mi piaceva tanto non dovevano passarsela troppo bene.
E arrivarono i mondiali del 1958, con la stella Pelé. Un giocatore nero che sconfisse i vichinghi della Svezia a casa loro. Che soddisfazione!
Intanto crescevo, la tv aveva invaso le nostre case e mi indignai per l’arbitraggio scandaloso a favore deila squadra di casa nei mondiali del 1962, in Cile.
Ora non mi stupisco più degli arbitraggi.
Nel 1966 il gol-non gol in finale. Iniziò allora una discussione infinita sul tema, sui rigori dati e non dati e quante ne abbiamo sentite.
Col VAR son finite? Ho qualche dubbio.
A proposito di indignazione, come dimenticare la strumentalizzazione della giunta militare argentina di Argentina 1978, che servi a celebrare i fasti del regime?
Non diversamente da Russia 2018, con Putin ad assistere soddisfatto alla vittoria della nazionale russa sull’Arabia Saudita. .
Nihil sub sole novi.
Intanto la nazionale italiana collezionava figuracce, ma mi sembrava eccessivo il lutto nazionale dopo le sconfitte.
Basti ricordare l’eliminazione ad opera della Corea del Nord, ancora oggi tramandata come una tragedia epocale, più di mille terremoti.
Come mi sembrò folle l’entusiasmo nazionale, quando l’Italia si imbandierò tutta per la finale del 1970 contro il Brasile, dopo la vittoria in semifinale contro la Germania.
Era risorto il patriottismo, che però non durò molto, dopo nuove sconfitte. Salvo risorgere in Spagna 1982 e in Germania 2006, quando si vinse il titolo.
Spagna 1982
Germania 2006
E allora vai con le bandiere, col canto dell’inno e la mano sul cuore.
La nazionale italiana ora non vince più e non si è nemmeno qualificata per i Mondiali in Russia.
È i Fratelli d’Italia son diventati un partito, piccolo in verità, tanto per non farci mancare niente.
Guardo i Mondiali 2018 per divertirmi senza ansia da tifo.
Ascolto sempre con un brivido di emozione il canto della Marsigliese in uno stadio, anche se i Francesi non godono delle mie simpatie.
Ammiro i gesti atletici e la fredda concentrazione di Cristiano Ronaldo, il bel gioco del Brasile, pur incostante, e le sorprese che solo il calcio può offrire, quando il Messico batte la Germania, campione in carica.
Come quando Davide batte Golia.
Caterina Abbate