di Stefano Feltri per Il FQ, 12-8-19
L’accordo tra Matteo Renzi e il M5S in discussione si regge su tre pilastri: Raffaele Cantone premier, deficit 2020 vicino al 2,9 per cento per evitare che la legge di Bilancio sia troppo sanguinosa, appoggio dei gruppi parlamentari del Pd o, se il segretario Nicola Zingaretti si oppone, di gruppi autonomi composti da renziani e fuoriusciti da Forza Italia.
IL NEGOZIATO è in corso in queste ore e tutto si evolve in fretta. Ma Renzi è sempre più visibile come regista: ieri s’è fatto intervistare dal Corriere della Sera e continua a lavorare all’interno del partito. Zingaretti è fermo sulla linea “nessun accordo”, ma continua anche a denunciare i pericoli di un governo Salvini che si può evitare solo rinviando le urne.
Goffredo Bettini, parlamentare Pd molto influente nella stagione zingarettiana, è assai più possibilista: “Se cade la pregiudiziale (non il giudizio, ma il pregiudizio) verso i 5 Stelle, e si apre una trattativa, allora si dovrebbe mettere in campo una operazione limpida”, ha scritto su Huffington Post.
Dario Franceschini, che negli equilibri interni pesa sempre tanto.
Se Zingaretti dovesse rimanere sulla sua linea intransigente, Renzi ha pronto un piano B: gruppi parlamentari autonomi e poi, se necessario, la creazione di un nuovo partito.
Al Senato, dove si decide tutto, Renzi porterebbe con sé buona parte degli attuali 51 senatori del Pd e una pattuglia di ex Forza Italia, per dare sostegno alla nuova maggioranza e riempire il vuoto lasciato dai 58 senatori leghisti.
Zingaretti a quel punto rimarrebbe segretario di un Pd senza quasi più truppe parlamentari.
L’alternativa per il governatore della Regione Lazio non è allettante: passare la campagna elettorale a spiegare perché ha preferito consegnare l’Italia a un governo Salvini sostenuto da tutte le destre invece che governarla insieme ai Cinque Stelle.
Ma serve un nome di garanzia per questa operazione, capace di reggere tre-quattro mesi ma anche tre anni, se dovesse servire.
Nell’intervista al Corriere, Renzi ha chiarito che non può essere Roberto Fico, che deve restare presidente della Camera.
Il nome che circola è quello di Raffaele Cantone: il magistrato si appresta a lasciare l’Autorità Anticorruzione a settembre, in polemica con il governo Conte.
Ma i suoi rapporti con il M5S sono sempre stati abbastanza positivi: i problemi sono maturati con la Lega (che vuole demolire il codice degli appalti e ridurre gli obblighi di gara), e con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, esponente di una cultura giuridica di amministrativisti da sempre sospettosa verso i super poteri dell’Anac, decisi proprio da Renzi nel 2014.
Chi sarà al governo in ottobre dovrà scrivere e votare una legge di Bilancio difficile: la priorità è trovare 23,7 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva dal 2020. Pd e M5S non vogliono votare tagli e tasse e poi offrire il collo alla mannaia degli elettori in primavera.
La soluzione di cui si discute in queste ore è quindi di minimizzare i danni facendo un deficit ben superiore a quello previsto, magari arrivando al 2,9 per cento (ma non basterebbe comunque, perché se l’Iva non aumenta si sfonda quota 3,5 e parte la procedura d’i nf r azione Ue).
QUESTO SCHEMA, che andrebbe bene sia a Cinque Stelle che a Renzi, deve avere però un via libera preventivo dal Quirinale, da un eventuale nuovo ministro dell’Economia e pure dalla Commissione europea (dove Renzi coltiva rapporti, a cominciare dalla presidente Ursula von der Leyen).
I mercati mugugnerebbero, ma l’a lternativa è un esecutivo Salvini con dentro anche i teorici dell’uscita dall’euro. Il governo Renzi-M5S si reggerebbe sul progetto di riduzione dei parlamentari, riforma costituzionale cui manca l’ultimo voto in settembre.
Poi, con o senza referendum confermativo, ci vorranno mesi per aggiustare di conseguenza i collegi elettorali.
Dilatando un po’ ma non troppo i tempi è facile arrivare così al 2022 e alla elezione del nuovo capo dello Stato, che in un Parlamento guidato da M5S e Pd potrebbe essere Mario Draghi o, se necessario a cementare l’intesa, Giuseppe Conte.
Calenda rema contro: