di MARCO PALOMBI E GIACOMO SALVINI per Il FQ, 17-8-19
Il capolavoro ferragostano del Capitano leghista e l’inversione a U dell’ex tutto di Rignano sull’Arno hanno rimesso, dopo un anno di schiaffoni e la batosta delle Europee, i malandati giovanotti di Grillo e Casaleggio al centro della scena politica.
Quello che rischia di perderci di più, paradossalmente, è il nuovo segretario del Pd Nicola Zingaretti: costretto ad aprire una trattativa col M5S dall’iniziativa di Matteo Renzi (interessato a prolungare la legislatura per avere il tempo di farsi il suo partitino), adesso vede la Lega tornare sui suoi passi e teme di ritrovarsi, come si dice, cornuto e mazziato.
Niente elezioni, niente governo e la scissione dei renziani alle porte PER QUESTO IERI, a metà pomeriggio, si è affidato a Facebook: “Continuo a pensare che aprire dibattiti su governi futuri prima che quello in carica cada sia un errore”.
Più che all’elettorato o ai militanti parla ai dirigenti del suo partito, che continuano a trattare coi 5 Stelle senza nemmeno aspettare le dimissioni di Conte: i renziani, ovviamente, ma anche Dario Franceschini e altri pezzi della sua maggioranza congressuale.
C’è chi già prefigura intese dettagliate.
Come il capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio: “Ciò che serve è un accordo alla tedesca, come Cdu e Spd, una cosa scritta. Noi a Mattarella parleremo di lavoro e svolta verde. È un lavoro duro, serio e non è detto che non permetta di chiarire punti di convergenza col M5S finora offuscati”.
È ad uscite come questa che replica Zingaretti via social: “Vedremo, dopo questo fastidioso ginepraio di parole senza contenuti né valori, cosa accadrà martedì nel dibattito aperto dal presidente Conte. Diciamo no a qualsiasi ipotesi di governo pasticciato e di corto respiro. Solo nello sviluppo dell’eventuale crisi, sotto la guida del presidente Mattarella, si potranno verificare, se esistono, le condizioni numeriche e politiche di un governo diverso”.
In serata, il segretario arriva a Cecina, Livorno, per la festa dell’Unità.
La base, nella regione rossa già renzianissima, ha introiettato in fretta il nuovo mantra: coi grillini si può governare.
“Se si liberano di Salvini, un governo io lo farei. Ho molti amici che votano 5 Stelle e che prima, qui a Cecina, votavano a sinistra. Su molti temi come l’ambiente, il reddito di cittadinanza e il taglio dei parlamentari, siamo d’accordo quindi spero che il segretario provi almeno a fare un accordo”, dice Francesca, una militante.
IL SEGRETARIO poi arriva e non si può dire che il suo passaggio scaldi la folla: stringe qualche mano, prende qualche applauso, fa qualche selfie, si ferma al banchetto per firmare la richiesta di dimissioni di Salvini ( “un ministro non può scappare dalle domande del Parlamento”). “C’è Montalbano”, dice un bambino al papà.
E il Montalbano segretario del Pd, quello che scalda le platee dem meno del Montalbano vero, suo fratello, verso le nove di sera sale sul palco e dedica l’inizio del suo discorso a ribadire che serve unità: “Fino a che stiamo uniti e rimaniamo uniti non sono preoccupato perché il Pd è l’unica garanzia che in questo Paese si possa voltare pagina”.
Tradotto: queste profferte sempre più sguaiate agli ex “scappati di casa” lo preoccupano e gli tolgono pure potere negoziale futuro.
Zingaretti peraltro, si sa, voleva andare a votare: “Non si fanno altri governi solo nella paura che qualcun altro vinca”.
A Mattarella, dice, “diremo che Salvini se ne deve andare a casa”.
Quanto al resto: “Noi siamo pronti a combattere strada per strada per un’alternativa , ma solo se su scuola, lavoro, industria e difesa dell’Europa si troveranno convergenze”.
Sempre che grillini e leghisti non si rimettano insieme.